Abbazia territoriale della Vangadizza

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Abbazia della Vangadizza
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneVeneto
LocalitàBadia Polesine
Coordinate45°05′46.82″N 11°29′26.77″E / 45.09634°N 11.49077°E45.09634; 11.49077
Sconsacrazione1789
Inizio costruzioneIX secolo-X secolo
Demolizione1810 (parziale)
Sito web[1]

L'abbazia della Vangadizza è stata, tra il X secolo e il 1792, un'abbazia territoriale immediatamente soggetta alla Santa Sede con sede a Badia Polesine nella chiesa di Santa Maria della Vangadizza. Fu Stato indipendente fino al XIV secolo.

Le origini del nome[modifica | modifica wikitesto]

L'origine del toponimo è incerta; tra le etimologie più popolari c'è quella che vorrebbe Vangadizza derivare da vanga, in quanto sia i territori governati, sia le vaste proprietà dell'abbazia erano terreni in gran parte paludosi e dunque dovevano essere lavorati duramente con la vanga prima di diventare produttivi.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Piazza della Vangadizza a Badia Polesine.

La nascita dell'abbazia della Vangadizza viene generalmente connessa alle cospicue donazioni del marchese Almerico di Mantova e di sua moglie Franca, l'ultima delle quali (e l'unica di sicura datazione) fu una disposizione del 6 dicembre 954, fatta dalla signora Franca, ormai vedova; in questa disposizione la basilica di Santa Maria, che si trova presso l'Adige in località "Vedre", risulta appena ricostruita, mentre non si sa molto altro della precedente e più modesta chiesa. Altre donazioni le fa Ugo di Toscana, con l'avallo dei re d'Italia Berengario II e Adalberto: nella donazione del 30 maggio 961[2] si parla per la prima volta di un abate e in quella del 29 maggio 993 si parla di un monastero benedettino in costruzione[1].

L'abbazia della Vangadizza ottenne l'indipendenza feudale il 26 dicembre 996 e intorno all'anno 1000, durante il pontificato di Silvestro II, divenne diocesi immediatamente soggetta alla Santa Sede. Nel 1066 il marchese Alberto Azzo II d'Este vi seppellì l'eremita francese Teobaldo di Provins. L'indipendenza del monastero venne poi confermata dall'imperatore Federico Barbarossa il 7 agosto 1177 e da papa Celestino III il 26 giugno 1196. Sotto il potere temporale degli abati benedettini, molti contadini giunsero per bonificare il territorio; i terreni erano concessi in enfiteusi, esigendo canoni molto bassi; questo portò a un progressivo miglioramento della zona. L'abbazia riscuoteva tributi e prebende per conto proprio e offriva protezione agli abitanti[1].

A partire dal 23 settembre 1213 l'abbazia della Vangadizza iniziò a seguire l'ordine camaldolese, con la denominazione ufficiale latina di Abbatia Sanctae Mariae de Vangaditia, Ordinis Camaldulensis, nullius Dioecesis, Provinciae Ravennatensis (abbazia di Santa Maria della Vangadizza, Ordine Camaldolese, immediatamente soggetta alla Santa Sede, Provincia ecclesiastica di Ravenna). La regola camaldolese prevedeva un distacco contemplativo dalle vicende umane e non prevedeva la cura pastorale; se, da un lato, ciò sviluppò le attività culturali con la creazione di una biblioteca fornitissima e di una scuola per lo studio di filosofia, teologia, canto sacro, arti e scienze, dall'altro lato portò ad un progressivo allontanamento del monastero dalla realtà del territorio, provocando malumori nelle parrocchie e culminando in dissidi interni alla fine del XIV secolo.[1]

I sepolcri di Alberto Azzo e della moglie Cunegonda
Badia Polesine, lapide presso l'Abbazia Vangadizza.

All'inizio del XV secolo l'abbazia della Vangadizza perse il potere temporale e la gestione fu affidata in commendam, ossia a personale ecclesiastico esterno. Tra gli abati commendatari si ricorda il cardinale Ludovico Scarampi Mezzarota, in carica nel 1448[3] e, nella prima metà del Settecento, il cardinale Angelo Maria Querini, vescovo di Brescia. Nel 1747 fu fondato un seminario. L'abbazia della Vangadizza venne soppressa l'11 aprile 1789 dalla Repubblica di Venezia, che il 27 marzo 1790 ne incamerò i beni. Il 7 settembre 1792 essa fu soppressa canonicamente come diocesi e le dodici parrocchie polesane furono aggregate alla diocesi di Adria, mentre la parrocchia di Rubano fu aggregata alla diocesi di Padova. Il 25 aprile 1810 la basilica di Santa Maria della Vangadizza, di stile romanico-gotico, venne chiusa e iniziarono i lavori di demolizione, che si interruppero quando erano quasi completati, gli edifici passarono in proprietà alla famiglia francese d'Espignac. Del fabbricato si sono salvati solo una cappella absidale e il campanile pendente.[1] Gli altari ed altre parti sono state trasferiti nella chiesa di San Michele Arcangelo di Canda.[4] Il campanile ospita 3 campane molto antiche, ferme da moltissimi anni e ancora inceppate a slancio su telaio ligneo e mezza ruota.

Nella piazza antistante sono presenti due sarcofagi che custodiscono le spoglie di Alberto Azzo II d'Este e della moglie Cunegonda di Altdorf, capostipiti degli Estensi, dei duchi di Baviera e di Sassonia nonché dell'attuale casa regnante nel Regno Unito.[5]

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

Il territorio comprendeva tredici parrocchie:

Cronotassi dei vescovi[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Gabrielli, pp. 438-444.
  2. ^ Probabile errore di stampa nel Gabrielli, p. 439, dato che Ugo di Toscana nel 961 aveva solo 11 anni.
  3. ^ Sansepolcro, Archivio Storico Diocesano, Pergamene, 2A, numero 129.
  4. ^ Canda - Chiese e luoghi di culto, su ilpolesine.com, IlPolesine. URL consultato il 16 ottobre 2019 (archiviato dall'url originale il 16 ottobre 2019).
  5. ^ Abbazia della Vangadizza, Comune di Badia Polesine, su comune.badiapolesine.ro.it. URL consultato l'11 settembre 2011 (archiviato dall'url originale il 24 marzo 2015).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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