Lingue d'Italia

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Diffusione delle lingue regionali e dei dialetti nella Repubblica Italiana, ivi comprese le isole linguistiche.
Idiomi romanzi

     Catalano (CA)

     Francoprovenzale (FP)

     Occitano (PR)

     Sardo (SA)

     Friulano (FU)

     Ladino (LA)

     Piemontese (PI)

     Ligure (LI)

     Lombardo (LO)

     Emiliano (EM)

     Romagnolo (RO)

     Gallico marchigiano (GM)

     Gallo-italico di Basilicata (GB)

     Gallo-italico di Sicilia (GS)

     Veneto (VE)

     Italo-romanzo meridionale (Slt)

     Italo-romanzo meridionale estremo (Sl)

     Sassarese / Gallurese (CO)

     Toscano (TO)

     Italo-mediano (Clt)

Idiomi germanici

     Sudtirolese (ST)

     Bavarese centrale (CB)

     Cimbro (CI)

     Mòcheno (MO)

     Walser (WA)


Idiomi slavi

     Sloveno (SL)

     Croato (SC)


Altri idiomi

     Albanese (AL)

     Greco italiota (GC)

Le lingue dell'Italia costituiscono uno dei più ricchi e variegati patrimoni linguistici all'interno del panorama europeo[1][2][3].

Ad eccezione di taluni idiomi stranieri legati ai moderni flussi migratori, le lingue che vi si parlano comunemente sono in via esclusiva di ceppo indoeuropeo e appartenenti in larga prevalenza alla famiglia delle lingue romanze; sono presenti, altresì, varietà albanesi, germaniche, greche e slave.

La lingua ufficiale (de facto) della Repubblica Italiana, l'italiano, discende storicamente dalla variante letteraria del volgare toscano, il cui uso in letteratura è iniziato con le cosiddette "Tre Corone" (Dante, Petrarca e Boccaccio) verso il XIII secolo, e si è in seguito evoluto storicamente nella lingua italiana moderna; questa, con l'eccezione di alcune aree di più tarda italianizzazione[4], sarebbe stata ufficialmente adottata come codice linguistico di prestigio presso i vari Stati preunitari a partire dal XVI secolo.[5]

Ciononostante, la lingua italiana – utilizzata in letteratura e nell'amministrazione in maniera principalmente scritta, e di conseguenza coesistente in diglossia con i differenti vernacoli locali utilizzati nel parlato – al momento dell'unificazione politica di gran parte dell'Italia nel Regno sabaudo, nel 1860, era parlata da una minoranza della popolazione costituita fondamentalmente dalle classi colte o semplicemente istruite,[6] ma poté in seguito diffondersi tra le masse popolari mediante l'istruzione obbligatoria, nonché grazie al contributo, non meno determinante e più recente, della televisione. Sino all'emanazione della legge 482/99, l'avvento della televisione vide escluso l'uso dei dialetti e delle lingue di minoranza, salvo quanto previsto dagli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia dopo la seconda guerra mondiale a favore delle minoranze linguistiche tedesca della provincia di Bolzano, slovena della regione Friuli-Venezia Giulia e francese della Valle d'Aosta.

Dal punto di vista degli idiomi locali preesistenti esclusivamente nel parlato, ne consegue un processo di erosione linguistica e di minorizzazione, processo accelerato sensibilmente dall'ampia disponibilità di mezzi di comunicazione di massa in lingua italiana e dalla mobilità della popolazione, oltre ad una scarsa volontà politica di riconoscere una minima valenza culturale ai "dialetti". Questo tipo di cambiamenti e volontà politica ha ridotto sensibilmente l'uso degli idiomi locali, molti dei quali sono ormai considerati in pericolo di estinzione, principalmente a causa dell'avanzare della lingua italiana anche nell'ambito strettamente sociale e relazionale[7].

La normativa prevede invece la tutela delle minoranze linguistiche, soprattutto attraverso l'articolo 6 della Costituzione (La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.) e la legge 482/1999 (... la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo). La stessa legge 482/99 prevede anche l'obbligo, in capo alla RAI, di trasmettere anche nelle lingue delle dodici minoranze linguistiche.

Secondo Tullio De Mauro, il plurilinguismo "italiano più dialetti o una delle tredici lingue di minoranza" (egli vi includeva anche il romaní, poi escluso dall'art. 2 della L. 482/1999 perché privo dell'elemento della "territorialità") gioca un ruolo positivo in quanto «i ragazzi che parlano costantemente e solo italiano hanno punteggi meno brillanti di ragazzi che hanno anche qualche rapporto con la realtà dialettale»[8].

Lingue territoriali[modifica | modifica wikitesto]

Lingua Popolazione Note Regione Riconoscimento o tutela ufficiale da parte dello Stato italiano
Dialetti italiani mediani 3000000 [9] Lazio (escluso l'estremo sud), Marche (la zona umbrofona sud occidentale della provincia di Pesaro e Urbino, provincia di Ancona esclusi il circondario di Senigallia e l'isola linguistica gallica del Conero, provincia di Macerata, provincia di Fermo), Umbria, Abruzzo (estremo ovest) No
Dialetti italiani meridionali 5700000 - 7500000 [10][11] Lazio meridionale, Campania, Marche (provincia di Ascoli Piceno), Abruzzo (escluso l'estremo ovest), Molise, Basilicata, Calabria settentrionale, Puglia settentrionale e centrale No
Dialetti italiani meridionali estremi 4700000 [12] Sicilia, Calabria centro-meridionale e Salento. Vocalismi in Cilento No
Veneto 3800000 [13] Veneto, Trentino, Friuli-Venezia Giulia, Piana di Bolzano e Bassa Atesina in Alto Adige No
Lombardo 3600000 [14] Lombardia, Piemonte, Trentino occidentale, Bandiera della SvizzeraCanton Ticino, Bandiera della SvizzeraCanton Grigioni No
Sardo 1576000 [15][16][17] Sardegna
Piemontese 700000 [18] Piemonte, bassa Valle d'Aosta, alta Liguria No
Emiliano 1500000 [19] Emilia, bassa provincia di Mantova, Oltrepò pavese, Veneto meridionale, Appennino toscano, Lunigiana, Liguria orientale No
Romagnolo 1100000 [20] Romagna, Romagna toscana No
Dialetto gallo-piceno 400000 [21] Marche (provincia di Pesaro e Urbino esclusa la zona umbrofona sud occidentale, circondario di Senigallia, isola linguistica gallica del Conero) No
Ligure 500000 [22] Liguria, basso Piemonte, aree appenniniche dell'Oltrepò Pavese, del Piacentino, del Parmense e dell'Oltrepò Pavese, isole del Sulcis in Sardegna No
Friulano 550000 - 600000 [23][24] Friuli-Venezia Giulia (60%) e Veneto nell'ex Mandamento di Portogruaro
Dialetti toscani 3000000 [25] Toscana (esclusa la Lunigiana area carrarina, la Romagna Toscana, e le aree più meridionali della provincia di Grosseto) No
Tedesco, Bavarese, Sudtirolese, Cimbro e Mocheno 345000 [26][27][28] Alto Adige (69,15%), Friuli-Venezia Giulia, Trentino, Veneto Sì (con carattere di co-ufficialità nella Provincia autonoma di Bolzano)
Arbëresh 100000 [29] Calabria, Sicilia, Molise, Basilicata, Puglia, Campania e Abruzzo
Francese 100000 [30] Valle d'Aosta Sì (con carattere di co-ufficialità)
Francoprovenzale 70000 [31] Piemonte a Coazze, in Val Cenischia, nelle Valli di Lanzo, in alta Valle Orco e Val Soana; Valle d'Aosta; Puglia in Val Maggiore (a Faeto e Celle di San Vito)
Gallurese 100000 [32] Sardegna in Gallura
Occitano 100000 [33] Piemonte nelle valli di Cuneo e Torino; Calabria a Guardia Piemontese
Sassarese 100000 [34] Sardegna nel nord della Provincia di Sassari
Sloveno 100000 [35] Friuli-Venezia Giulia: lo Sloveno è diffuso insieme all'Italiano in tutti e sei i comuni della provincia di Trieste, in otto comuni su venticinque della Provincia di Gorizia, in diciotto comuni su 134 della Provincia di Udine[36] Sì (con carattere di co-ufficialità)
Galloitalico di Sicilia e
Galloitalico di Basilicata
60000 [37] Basilicata, Sicilia No
Catalano algherese 44000 [38] Sardegna ad Alghero
Greco-italiota 20000 [39] Calabria nella città metropolitana di Reggio, Puglia nella Grecia salentina e in Sicilia a Messina
Ladino 31000 [40] Trentino-Alto Adige a Bolzano (4,19%), a Trento (1,69%), Veneto a Belluno (10%) Sì (con carattere di co-ufficialità)
Walser 3400 [41] Valle d'Aosta, Piemonte
Croato molisano 1000 [42] Molise nei comuni di Acquaviva Collecroce (Kruč), Montemitro (Mundimitar) e San Felice del Molise (Filič)

Lingue non territoriali[modifica | modifica wikitesto]

Esistono poi «lingue non territoriali», parlate in Italia ma non in un territorio definito: come gli idiomi dei nomadi Rom e Sinti, e la lingua dei segni italiana (LIS). Quest'ultima è parlata dalla comunità di persone sorde, diffusa in tutto il territorio italiano, e ha radici culturali, grammatica, movimento e morfologia, movimento spazio-tempo. La popolazione italiana dei sordi è composta da circa 3 524 906[43] persone che utilizzano la LIS e degli Assistenti alla Comunicazione e degli Interpreti, ed è riconosciuta dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata in Italia nel 2009. Spesso queste lingue trovano tutela solo nella legislazione regionale, come altre regioni tra cui la Sicilia che ha promosso la diffusione della LIS, con la L.R. 23/2011[44], in Piemonte la L.R. 31/2012[45], in Basilicata la LR 30/2017[46], in Lombardia la LR 20/2016[47], in Lazio con la LR 6/2015[48]. Esiste infine il metodo Malossi, una lingua tattile utilizzata dalle persone sordo-cieche e dai loro assistenti in varie parti d'Italia.

Lingue romanze nella Repubblica Italiana[modifica | modifica wikitesto]

Le lingue romanze in Europa

Gran parte delle lingue romanze e le loro varietà parlate entro i confini italiani – ad esclusione della lingua italiana e degli italiani regionali – sono indicate dalla letteratura specialistica italiana come dialetti italo-romanzi, in senso sociolinguistico,[49][50] in quanto dialetti romanzi che convivono con l'italiano quale lingua tetto[51][52].

I dialetti italo-romanzi sono anche descritti come lingue sorelle dell'italiano[53][54][55][56][57], essendo dialetti romanzi primari, ossia varietà indipendenti e coeve alla lingua italiana, sviluppatesi autonomamente a partire dal latino;[49][52][55][58] vanno perciò distinti dagli italiani regionali, che sono le varietà locali della lingua italiana, da cui derivano, e che costituiscono dei dialetti romanzi secondari.[49][54][58]

Va notato che la categoria "dialetti italiani", come gruppo omogeneo che racchiude le lingue italo-romanze, ha poca rilevanza da un punto di vista strettamente linguistico, data la grande differenza che può sussistere tra un dialetto e l'altro[59]; tuttavia, la dicitura dialetto milanese, dialetto napoletano, ecc. non è scorretta, data la diffusa accezione del termine in Italia nel senso sociolinguistico di "lingua sociolinguisticamente subordinata a quella nazionale"[60] o "lingua contrapposta a quella nazionale"[61].

Lingue retoromanze[modifica | modifica wikitesto]

Questo gruppo linguistico, identificato nel suo insieme per la prima volta da Graziadio Isaia Ascoli, fu per molto tempo considerato un sottogruppo del gruppo italoromanzo; attualmente, però, è generalmente considerato un sistema autonomo nell'ambito delle lingue romanze[62]. Le lingue riconosciute che ne fanno parte sono il romancio (parlato in Svizzera nel cantone Grigioni), il ladino ed il friulano; nel complesso queste tre lingue esauriscono l'intero gruppo.

La lingua friulana è parlata nelle province di Gorizia, Pordenone, Udine e in alcuni comuni di quella di Venezia. Oltre alla tutela statale, è riconosciuta ufficialmente dalla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia quale "lingua della comunità regionale".

La lingua ladina è parlata nell'area dolomitica (ladinia). È lingua coufficiale nella provincia autonoma di Bolzano, ha riconoscimento nella provincia autonoma di Trento e ne è stata recentemente introdotta la tutela anche nei comuni ladini della provincia di Belluno. Varie influenze linguistiche ladine sono presenti anche nel nones, parlato in Val di Non nella provincia autonoma di Trento, tanto che alcuni linguisti considerano questa parlata appartenente al gruppo linguistico ladino.

Lingue settentrionali[modifica | modifica wikitesto]

Altrimenti dette "altoitaliane". Nella prima metà del Novecento i gruppi galloitalico e veneto erano considerati romanzi orientali[63], ora sono generalmente considerati romanzi occidentali[64][65]. È stata ipotizzata l'esistenza di una koiné lombardo-veneta, una lingua comune che nel Medioevo sarebbe arrivata ad un certo grado di assestamento, prima di retrocedere di fronte al toscano; con il quale, pare, competesse per il ruolo di lingua letteraria[66].

Tra i tratti linguistici identificati come comuni nel diasistema italoromanzo Meyer-Lübke indica il passaggio da "cl" a "chi"; ma questo, come fa notare lo stesso Tagliavini, è valido solo per toscano e centromeridionale, mentre le lingue settentrionali palatizzano (cioè passano a "ci"), anche davanti ad "a".

Gruppo galloitalico[modifica | modifica wikitesto]

Il gruppo galloitalico presenta affinità con le lingue romanze occidentali ma per alcuni tratti, condivisi con le lingue Italo-romanze, se ne discosta: nel gallo-italico e nel veneto è assente il plurale sigmatico, cioè terminante in -s (il plurale è vocalico al femminile, mentre al maschile è vocalico o adesinenziale), sono assenti le s come desinenze verbali (eccetto nel piemontese occidentale nella seconda persona singolare dei verbi ausiliari e del futuro), sono pressoché assenti le "s" come desinenze pronominali ed i nessi consonantici sono semplificati (ad esempio piassa per piazza, mentre le lingue neolatine occidentali ed in misura minore le lingue neolatine orientali balcanoromanze mantengono i nessi consonantici).

Caratteristiche Gallo-romanze presenti negli idiomi gallo-italici sono l'indebolimento delle sillabe atone (fortissimo soprattutto nell'emiliano), la sonorizzazione delle consonanti occlusive intervocaliche e la riduzione delle geminate nella stessa posizione (lenizione), la caduta in molti casi delle consonanti finali e la presenza in molte varianti di fonemi vocalici anteriori arrotondati (/y, ø/, in passato dette "vocali turbate"). Vari linguisti hanno messo in relazione la similarità con gli idiomi gallo-romanzi con il comune sostrato storico celtico, questa ipotesi è ancora materia di discussione e alcuni linguisti attribuiscono l'indebolimento sillabico e i fonemi /y, ø/ ad un'evoluzione locale indipendente. Altre caratteristiche proprie di questo sistema sono la risoluzione palatale del gruppo cl-, gl-   e, per alcuni autori, il mantenimento di ca- e ga- (caratteristica tipica dell'italoromanzo); altri autori, e fra questi il Pellegrini, sostengono che però anticamente vi fosse palatalizzazione di ca- e ga-, tratto questo rapidamente retrocesso ed infine, per influenza toscana, andato perduto[67].

All'interno del gruppo gallo-italico possiamo riconoscere, grazie a più o meno rilevanti omogeneità linguistiche, sistemi più ristretti e distinti fra loro: ligure, piemontese, lombardo, emiliano, romagnolo, galloitalico marchigiano[68], galloitalico di Sicilia, galloitalico di Basilicata.

Gruppo veneto[modifica | modifica wikitesto]

Il veneto presenta generalmente meno innovazioni dal latino, rispetto ai dialetti galloitalici: non ha l'indebolimento delle sillabe atone e anche le vocali finali reggono abbastanza bene, fuorché dopo sonorante. Le varianti principali sono il veneto centrale o meridionale (Padova, Vicenza, Rovigo), il veneto lagunare (Laguna di Venezia), il veneto orientale (Trieste, Venezia Giulia, Istria e Fiume), il veneto occidentale (Verona, Trento) che ha alcuni caratteri in comune con le parlate orobiche, il veneto centro-settentrionale (Treviso), il veneto settentrionale (Belluno), il veneto dalmata (Dalmazia) e i dialetti di valle e pedemontani, come il feltrino. La caratteristica più vistosa è la struttura sillabica che non tollera geminate in nessuna posizione.

Toscano[modifica | modifica wikitesto]

Il toscano è costituito dalle varietà toscane e da quelle più o meno affini parlate in Corsica e nella Sardegna settentrionale. Nonostante non sia una lingua appartenente alla Romània occidentale, presenta molti caratteri tipici della zona altoitaliana[69]. L'italiano letterario è da considerarsi un'altra variante (sebbene molto influenzata da altri idiomi italoromanzi) del dialetto toscano. Il còrso settentrionale o di Cismonte e, in particolare, quello parlato nella regione storica del Capo Corso, è affine al toscano occidentale, dal quale però si differenzia per alcune forme lessicali e le finali in /u/.

Il gallurese, parlato nel nord-est della Sardegna, presenta notevoli influenze della lingua sarda a livello di morfologia e sintassi, ma è strettamente imparentato col còrso meridionale o di Pumonte, nello specifico con quello sartenese che si presenta praticamente identico nell'arcipelago di La Maddalena. Il sassarese condivide un'origine simile al còrso, ma è distinta da quest'ultimo: è patrimonio delle popolazioni mercantili di differente origine (sarde, còrse, toscane e liguri) che nel XII secolo diedero impulso alla neonata città di Sassari, creando un dialetto mercantile che nel corso dei secoli si è esteso a diverse città limitrofe (tutta la costa del Golfo dell'Asinara da Stintino a Castelsardo), subendo inevitabilmente una profonda influenza da parte del sardo logudorese, dal catalano e dallo spagnolo.

Lungo il crinale appenninico tra la Toscana e l'Emilia (Sambuca Pistoiese, Fiumalbo, Garfagnana e altre località) le persone più anziane usano ancora delle parlate di transizione tra il sistema toscano e il sistema gallo-italico dette parlate gallo-toscane. Tali parlate sono di grandissimo interesse per i linguisti perché formano un sistema linguistico di transizione sia tra la Romània orientale e quella occidentale, sia tra le parlate altoitaliane e quelle tosco-meridionali.

Lingue e dialetti centrali[modifica | modifica wikitesto]

Appartengono al gruppo delle lingue centrali tutti i dialetti parlati in gran parte del Lazio (ad esclusione delle regioni più meridionali, dove i dialetti appartengono al gruppo meridionale intermedio), in Umbria, le aree più meridionali della provincia di Grosseto (in Toscana), e nelle province di Ancona, Macerata e Fermo nelle Marche.

Gruppo mediano[modifica | modifica wikitesto]

Il gruppo italiano mediano è quello di più difficile classificazione. Infatti le parlate si sono influenzate tra di loro in maniera considerevole e non lineare. Si distinguono i seguenti idiomi o sottogruppi:

I gruppi toscano e mediano sono comunque gruppi abbastanza conservativi: nel còrso non esiste nessun tipo di indebolimento consonantico, nel toscano e in parte dei dialetti umbri e marchigiani c'è la gorgia, altrove una lenizione non fonologica. Comune è la realizzazione fricativa delle affricate mediopalatali e nelle zone meridionali i raddoppiamenti di /b dZ/ semplici intervocalici.

Romanesco[modifica | modifica wikitesto]

Il dialetto romanesco, diffuso prevalentemente nella città di Roma ed in misura minore ad ovest della Capitale (lungo la fascia costiera intercorrente tra Civitavecchia ed Anzio),[senza fonte] risulta aver subito una considerevole influenza da parte del toscano diffusa in molti ambienti capitolini (legati in particolare alla Curia) nel XVI secolo e XVII secolo; è quindi molto diverso dall'antico dialetto di Roma, che era invece «sottoposto a influenze meridionali e orientali»[72]. Per questa ragione, molti linguisti tendono a considerare tale dialetto indipendente e separato dai restanti dialetti mediani.[senza fonte]

Lingue meridionali[modifica | modifica wikitesto]

Gruppo meridionale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Dialetti italiani meridionali e Lingua napoletana.

Il gruppo italiano meridionale, o alto-meridionale, è caratterizzato dall'indebolimento delle vocali non accentate (atone) e la loro riduzione alla vocale indistinta (rappresentata dai linguisti come ə o talvolta come ë). A nord della linea Circeo-Sora-Avezzano-L'Aquila-Accumoli-fiume Aso, le vocali atone sono pronunciate chiaramente; a sud di questa linea già si presenta il suono ə, che si ritrova poi fino ai confini meridionali con le aree in cui i dialetti sono classificati come meridionali estremi, ossia alla linea Cetraro-Bisignano-Melissa.

Gruppo meridionale estremo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Dialetti italiani meridionali estremi e Lingua siciliana.

Il gruppo meridionale estremo comprende il siciliano, il calabrese centro-meridionale ed il salentino.

La caratteristica fonetica che accomuna i dialetti del gruppo siciliano è l'esito delle vocali finali che presenta una costante territoriale fortemente caratterizzata e assente nelle altre lingue e dialetti italiani:

  • da -A finale latina > -a
  • da -E, -I finali latine > -i
  • da -O, -Ọ finali preromanze > -u
  • da -LL- latina o altra > -ḍḍ- (trascritto nella letteratura come ḍḍ, dd, ddh, o ddr). In alcune zone della Calabria però, dal suono di una singola d, o una j (letta come semivocale i oppure come la j francese a seconda delle località).

Assenza totale delle mute e dello scevà.

È inoltre caratteristica principale e singolarità di molte varianti (ma non tutte), la presenza dei fonemi tr, str, e dd, i quali possiedono un suono retroflesso probabilmente derivante da un sostrato linguistico probabilmente pre-indeuropeo. Il siciliano non è attualmente riconosciuto come lingua a livello nazionale.

Lingua sarda[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua sarda, Lingua sarda logudorese e Lingua sarda campidanese.

La lingua sarda è costituita da un continuum di dialetti interni reciprocamente comprensibili e solitamente ricompresi in due norme ortografiche: quella logudorese, nella zona centro-settentrionale, e quella campidanese, in quella centro-meridionale.

Attualmente la lingua sarda è co-ufficiale (insieme all'italiano) nella Regione Autonoma della Sardegna ed è ufficialmente riconosciuta dalla Repubblica come una delle dodici minoranze linguistiche storicamente parlate nel suo territorio. Nel periodo corrente, il sardo è una lingua in pericolo di estinzione, minacciata dal processo di deriva linguistica verso l'italiano ufficialmente avviato nel diciottesimo secolo e ora in stadio piuttosto avanzato.

Si caratterizza in quanto estremamente conservativa, tanto da essere considerata la lingua che nei secoli si sia meno discostata dal latino. La maggior parte degli studiosi ritiene che il gruppo sardo sia da considerarsi autonomo nell'ambito delle lingue romanze. Si ritiene che il sardo costituisca l'unico esponente ancora in vita di in un sistema linguistico romanzo "meridionale"[73], insieme agli ormai estinti dialetti corsi cronologicamente precedenti alla toscanizzazione dell'isola e all'altrettanto estinta parlata latina dell'Africa settentrionale che, fino all'invasione araba, coesistette col berbero e il punico.

Lingue non romanze[modifica | modifica wikitesto]

Idiomi albanesi[modifica | modifica wikitesto]

Diffusione della lingua albanese.
Lo stesso argomento in dettaglio: Arbëreshë, Arbëria e Lingua arbëreshe.

In numerosi centri dell'Italia meridionale (continentale e insulare) esistono isole linguistiche storiche dove si parla l'albanese (arbërisht). Parlato in 50 comunità sparse in sette regioni italiane dai discendenti dai profughi albanesi dal XV secolo, e già diffuso in altrettante altre 50, per almeno 100 colonie originarie albanesi, la loro parlata è prettamente quella albanese nel variante tosco diffuso nel sud dell'Albania e nella regione dell’Epiro (Ciamuria).

Queste comunità sono così diffuse in: Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria e Sicilia. Le comunità albanofone più numerose si trovano in Calabria (in provincia di Cosenza, Catanzaro, Crotone) e in Sicilia (in provincia di Palermo).

Si stima che i parlanti albanofoni siano 100.000 circa[74].

Idiomi germanici[modifica | modifica wikitesto]

Distribuzione delle comunità cimbre; quelle con il puntino arancione sono tuttora esistenti.

Oltre alla provincia autonoma di Bolzano, nei cui comuni vige il bilinguismo italiano-tedesco, in tutto il Triveneto sussistono alcune isole linguistiche germanofone, sparse nelle regioni prealpine e alpine.

La lingua cimbra è un idioma di tipo bavarese, portato da un gruppo di migranti tedeschi che nel medioevo colonizzarono le zone al confine tra le provincie di Trento, Verona (Tredici Comuni) e Vicenza (Sette Comuni). Incalzato dai dialetti della lingua veneta, il cimbro è entrato in crisi già secoli fa e attualmente è parlato soltanto da poche centinaia di persone. La comunità più vivace è quella di Luserna (Lusern, TN), mentre sono ridotti a poche decine i parlanti di Giazza (Ljetzan, VR) e Roana (Robaan, VI). Praticamente scomparsa l'isola cimbra del Cansiglio (provincie di Belluno e Treviso), fondata all'inizio dell'Ottocento da un gruppo di roanesi.

La lingua mochena è ancora parlata nei villaggi della Val Fersina (collaterale alla Valsugana) e ha origini affini al cimbro, ovvero deriva da uno stanziamento di coloni tedeschi in epoca antica.

Isole germanofone si trovano anche in Carnia (Sauris, Zahre, Timau, Tischlbong e Sappada, Plodn) e hanno un'origine simile alle precedenti. Infine, il tedesco è diffuso su buona parte della Val Canale (Kanaltal), al confine con l'Austria.

In Piemonte e Valle d'Aosta, al gruppo tedesco (precisamente alemanno) appartengono le parlate walser presenti in alcuni comuni e imparentate con quelle del vicino cantone svizzero del Vallese.

Idiomi greci[modifica | modifica wikitesto]

In alcuni centri dell'Italia meridionale esistono isole linguistiche dove si parla il greco antico. In particolare le comunità grecofone o grecaniche sono presenti in Salento ed in Calabria.

Nel gennaio 2012 il Comune e la Provincia di Messina riconoscono ufficialmente la lingua greca moderna e grecanica di Calabria[75].

Idiomi indo-arii[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Rom (popolo), Sinti e Lingua romaní.

Il romaní è parlato dai sinti e dai rom d'Italia in diverse forme dialettali influenzate dalle lingue dei paesi attraversati in passato, nonché dalle parlate regionali italiane con cui esse sono in contatto. Il romaní ha a sua volta influenzato i gerghi professionali di alcuni mestieri.[senza fonte]

Idiomi slavi[modifica | modifica wikitesto]

In Friuli-Venezia Giulia esiste una comunità che parla lo sloveno in tutta la fascia confinaria delle province di Trieste, Gorizia e Udine. In provincia di Udine esiste inoltre la comunità slovena nella Val di Resia, parlante, secondo alcuni studiosi, una variante dialettale distinta dello sloveno: il resiano. Il dialetto resiano, molto simile ai dialetti sloveni della vicina Carinzia (Austria), è ritenuto a livello internazionale [senza fonte][76][77][78], un dialetto della lingua slovena e il comune di Resia si è dichiarato, ai sensi della L. 482/99, di lingua slovena, ottenendo annualmente i fondi per la tutela come "minoranza linguistica slovena".

In Molise in alcuni centri esistono ancora comunità parlanti il ("na-našu"), antico dialetto slavo originario dell'entroterra dalmata, che discendono dagli slavi che arrivarono in Italia tra il XV-XVI secolo per sfuggire all'avanzata ottomana nei Balcani e si stanziarono nei paesi di Acquaviva Collecroce (Kruč), San Felice del Molise (Sti Filić) e Montemitro (Mundimitar) nell'attuale provincia di Campobasso; la lingua viene parlata da poco più di duemila persone[senza fonte]. Questi profughi e i loro discendenti venivano e vengono chiamati con la denominazione antica di Schiavoni (dal latino Sclaveni ovvero Slavi, da cui deriva anche sclavus ovvero schiavo), nome che è rimasto anche nella toponomastica del territorio.

Pregiudizi linguistici[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Dialetto.

Dopo l’unificazione nazionale è emerso in Italia un fenomeno di stigmatizzazione delle lingue locali, giudicate come destabilizzanti e dannose; il prestigio dell’italiano scritto, e da allora anche parlato, dalle élite culturali e politiche ha così fatto cambiare le abitudini linguistiche della popolazione, sebbene le lingue locali non siano state vietate[79]. Tuttavia, nelle scuole esse sono sempre state disapprovate a favore dell'italiano che in passato[quando] era per molti bambini una lingua del tutto straniera e difficilmente comprensibile: da qui l'erronea convinzione che i "dialetti" fossero una corruzione della lingua nazionale, peraltro insegnata malamente da maestri che ne avevano una scarsa conoscenza e che così tolleravano, magari inavvertitamente, deviazioni dalla norma teorica[80] (ispezioni ministeriali effettuate negli anni postunitari evidenziarono casi di grave inadeguatezza da parte di insegnanti che sfioravano l’analfabetismo e che in classe si esprimevano nel proprio idioma locale)[81]. Pregiudizi e opinioni denigratorie sul valore delle varietà locali, levatesi dal mondo della cultura, sono stati assecondati da politiche che svalutavano e non rispettavano i patrimoni linguistici italiani, in particolare durante il regime fascista, che addirittura attuò una persecuzione delle minoranze alloglotte[82]. La scuola, anche in seguito, fu teatro di un’aspra battaglia contro tali idiomi, giudicati come il principale ostacolo nell'apprendimento di un italiano corretto: questa generale “dialettofobia” istituzionale perdurò fin oltre la metà del XX secolo (simbolicamente viene da alcuni indicata la data del 1962, anno dell’istituzione della scuola media unica, seppure in essa si siano verificati anche successivamente atteggiamenti “antidialettali”)[83]. La politica "antidialettale" della scuola italiana, l'influenza dei mezzi di comunicazione e il parere - talvolta apertamente ostile - di alcuni autorevoli intellettuali[non chiaro] sono all'origine di una connotazione negativa degli idiomi locali, dei quali l'opinione pubblica ha un'immagine sfavorevole, burlesca e distorta, vedendo in essi "dialetti" culturalmente inferiori e idonei solo a dare un senso di spontaneità al parlato o a suscitare ilarità[84], se non addirittura un insieme di parole prevalentemente scurrili e inadeguate[85].

Invece, dal punto di vista della linguistica, la discriminazione dei cosiddetti "dialetti" è ingiustificata, così come la presunzione di superiorità di alcune varietà rispetto ad altre[86] (vista la difficoltà di definire il confine tra dialetto e lingua, gli studiosi impiegano anche l'espressione "varietà linguistica", che assieme alla "varietà standard" forma un sistema linguistico; tra i dialetti neolatini la varietà standard è quella diventata l'idioma di riferimento tra gli eruditi in virtù del proprio prestigio letterario).

I dialetti presenti in Italia hanno infatti una loro grammatica, un loro lessico e spesso una letteratura. La stessa lingua italiana deriva dal dialetto toscano letterario di base fiorentina del XIV secolo, che dal XVI secolo venne progressivamente impiegato nella penisola italiana e in Sicilia come modello linguistico esemplare[87].

Poiché per la linguistica tutti i dialetti e le lingue sono pertanto insiemi di segni e regole ordinati e funzionanti analogamente, secondo alcuni studiosi la distinzione avviene esclusivamente a livello politico e storico: ricorrendo al termine "lingua" molte culture fanno riferimento all'esistenza di un sistema riconosciuto dalle istituzioni, codificato e con a disposizione testi letterari e/o ufficiali scritti in quella lingua. È questo il caso del sardo e del friulano, che hanno anche ottenuto il riconoscimento statale di minoranze linguistiche per i propri parlanti[88]. La minoranza linguistica friulana e quella sarda parlano due lingue che verosimilmente non appartengono al gruppo italo-romanzo e che sono generalmente classificate in maniera autonoma nell'ambito delle lingue romanze[62]. Lo stesso Tullio De Mauro in un suo libro considera sardo, ladino e friulano come "formazioni autonome rispetto al complesso dei dialetti italoromanzi"[89]. Secondo Sergio Salvi, ascrivere la lingua friulana, come fanno alcuni linguisti italiani, al sistema dell'italiano "tout court" «è possibile soltanto allargando talmente la definizione della lingua italiana da trasformarla, più o meno, in... lingua romanza. Se il friulano è un dialetto italiano, non si vede perché non lo debba essere, per esempio, anche l'occitanico»[90]. Nel caso della lingua sarda e di quelle retoromanze (ladino e friulano), il legislatore italiano, con la legge 482/99 che riconosce lo status di minoranze linguistiche a ladini, friulani e sardi, ha preso atto di quanto già ampiamente postulato dalla linguistica, cui si aggiungono riconosciuti requisiti storici, antropologici e identitari.

A prescindere dal loro riconoscimento politico, la maggioranza dei dialetti d'Italia non è comunque costituita da corruzioni, deviazioni o alterazioni della lingua nazionale di base toscana, bensì da parallele continuazioni del latino e pertanto lingue “sorelle” dell'italiano[91][92]. In questo senso, è improprio parlare di "dialetto della lingua ufficiale" in riferimento, ad esempio, al piemontese o al napoletano: essendo sì idiomi sviluppatisi dal latino, ma in modo indipendente dal toscano, non possono essere considerati varietà locali della lingua italiana. È infatti in virtù della loro storia e distanza dall'italiano che dette varietà possono essere categorizzate come lingue autonome[93]. Più opportuno è allora parlare di dialetti italiani o dialetti d'Italia in riferimento alle varianti italo-romanze diffuse presso una regione, zona o città e non invece dialetti dell'italiano (ad esempio, si può affermare che il lombardo occidentale è un dialetto italiano perché parlato all'interno dei confini italiani, ma non è corretto dire che sia un dialetto dell'italiano, poiché è un dialetto della lingua lombarda). Tali parlate sono considerate dialetti romanzi primari, storicamente subordinate all'italiano solo da un punto di vista sociolinguistico a fronte di un'origine latina comune. Inoltre, per definire queste parlate si può fare ricorso appunto al termine varietà, che indica un sistema linguistico indipendentemente da riferimenti legati al prestigio, alla diffusione geografica e a tutte le equivocità veicolate dalla parola dialetto nell'uso comune[92]. O ancora, in gergo scientifico, è possibile riferirsi ai singoli dialetti locali utilizzati in condizione di diglossia o di bilinguismo con la lingua ufficiale.

Al contrario, si parla di "dialetti secondari" in riferimento alle manifestazioni linguistiche generate dalla diversificazione di un'unica lingua in vari territori, come nel caso dello spagnolo in America latina, dei vari dialetti arabi o del già citato inglese americano: non si tratta quindi di dialetti originati autonomamente dal latino o dal proto-germanico, ma varianti dello stesso sistema. I dialetti secondari dell'italiano sono quelli noti come "italiani regionali", cioè le varietà intermedie tra lingua standard nazionale e le altre varietà autonome[92].

Tuttavia, l'accezione di dialetto inteso come "varietà della lingua nazionale" è ancora radicata, con ambiguità e relativismo semantici. In particolare dal punto di vista politico, legislativo e giurisprudenziale, il termine "dialetto" è usato in questa accezione per definire qualsiasi idioma storico, romanzo e talvolta anche non-romanzo, parlato in un'area geografica del paese e che non goda dello status di "lingua" in regime di ufficialità, coufficialità e/o bilinguismo. Nella categoria ricadono numerosi idiomi italiani dotati di storia propria, non intercomprensibili e spesso fregiati di una propria tradizione letteraria di rilievo, come, ad esempio, il veneto e tanti altri. Eppure, nonostante la presenza di un corpus letterario, essi continuano ad essere percepiti come "dialetti" o lingue orali dalla popolazione, gran parte della quale - compreso chi li parla - non è in grado di scriverli. Ciò è anche dovuto all'abitudine di ricorrere ad un'incompatibile ortografia italiana, che genera sistemi di scrittura variabili laddove questi idiomi vengano usati in forma scritta (internet, segnaletica e cartellonistica, messaggi)[94].

L'opinione alternativa, che sta incominciando a farsi strada anche tra alcuni linguisti di lingua italiana[senza fonte], rifiuta l'accezione di dialetto inteso come varietà della lingua nazionale preferendo quella di sistema linguistico indipendente dalla lingua nazionale. Ciò ha portato dunque a utilizzare il termine "lingua" in luogo di "dialetto" (ad esempio, lingua siciliana o lingua romagnola); questa posizione è stata condivisa, nel Parlamento Europeo, dal gruppo Verdi/ALE, in un convegno internazionale che ha avuto luogo nel 1999[95]. Il Consiglio d'Europa nei suoi trattati non indica le lingue (e relative popolazione) da tutelare, né indica i criteri per distinguere una lingua da un dialetto, né riconosce ad alcun idioma lo status di lingua; tale competenza è sempre degli Stati, i quali hanno firmato e ratificato il trattato internazionale europeo.

Nonostante la mancata tutela dei "dialetti" da parte dello Stato (che anzi attuò diverse iniziative di contrasto verso manifestazioni linguistiche derubricate a "malerba dialettale"[96]) si è assistito a una rivalutazione di tali idiomi sul piano culturale.

Valore culturale dei dialetti in Italia[modifica | modifica wikitesto]

Tavolo interattivo sui dialetti in Italia (Museo M9, Mestre)

Forti di una radicata tradizione verbale ma anche letteraria, le lingue italo-romanze non riconosciute, tradizionalmente chiamate dialetti, in Italia sono servite nel tempo da spunto per la realizzazione di molti lavori teatrali entrati poi stabilmente nel repertorio di uno specifico genere chiamato teatro dialettale.

Un valore particolare ai dialetti è stato attribuito specialmente in tempi relativamente recenti, da quando si è avuta piena consapevolezza dell'ormai predominanza nella comunicazione della lingua nazionale sulle parlate regionali. Affinché i dialetti non scompaiano diventando lingue morte, si è tentato e si tenta di studiare e recuperare appieno il significato storico e il senso culturale della parlata locale, anche in chiave di un recupero delle radici e dell'identità propri di ogni regione. All'interno di queste dinamiche si assiste recentemente ad un uso del dialetto nelle tifoserie di calcio, specie con l'esposizione di striscioni in dialetto che evidenziano un recupero dei dialetti con finalità di rivendicazione identitaria[97].

Secondo l'Istat,[98][99] nel 2015 il 45,9% degli italiani parla in modo esclusivo o prevalente l'italiano, il 32,2% lo alterna con un dialetto o lingua locale, il 14% si esprime esclusivamente nell'idioma locale, mentre il resto ricorre a un'altra lingua. Il linguista Tullio De Mauro, intervistato dal quotidiano La Repubblica il 29 settembre 2014, affermava che l'uso alternante di italiano e dialetto (con riferimento ai dialetti dell'Italia, non ai dialetti dell'italiano) arrivava allora al 44,1% e coloro che adoperano solo l'italiano erano il 45,5%.[100]

L'utilizzo frequente dei cosiddetti dialettismi, ovvero espressioni derivate da una lingua locale, sarebbe piuttosto diffuso anche nel linguaggio giovanile[101][102]; tra i vari motivi, i più importanti sono: il desiderio di creare un legame forte con la propria famiglia (67%), volontà di conoscere la storia di determinati termini ed espressioni (59%) o possibilità di arricchire il proprio parlato con espressioni colloquiali (52%) e lo spirito di appartenenza alla propria terra.[103]

Situazione giuridica[modifica | modifica wikitesto]

Legislazione statale[modifica | modifica wikitesto]

Lingua ufficiale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua italiana.

Nella Repubblica Italiana la lingua ufficiale è l'italiano. Oltre alla consuetudine, il riconoscimento si può ricavare indirettamente dal fatto che la Costituzione è redatta solo in italiano, mentre un riconoscimento espresso si trova nello statuto del Trentino-Alto Adige, che è una legge costituzionale della Repubblica:

«[...] la lingua [...] italiana [...] è la lingua ufficiale dello Stato.»

Ulteriori riconoscimenti sono presenti nell'articolo 122 del codice di procedura civile, nell'articolo 109 del codice di procedura penale, e nell'articolo 1 della legge 482/1999.

«In tutto il processo è prescritto l'uso della lingua italiana.»

«Gli atti del procedimento penale sono compiuti in lingua italiana.»

«La lingua ufficiale della Repubblica è l'italiano.»

Minoranze linguistiche[modifica | modifica wikitesto]

La Costituzione prevede all'articolo 6[104] la tutela delle minoranze linguistiche, che ne riconosce i diritti linguistici. Per due minoranze in particolare delle dodici, la tutela della lingua e della cultura sono esplicitate negli statuti di autonomia del Trentino-Alto Adige e della Valle d'Aosta.

«La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.»

«Nella regione la lingua tedesca è parificata a quella italiana [...].»

«Nella Valle d'Aosta la lingua francese è parificata a quella italiana.»

Comunità riconosciute come minoranze linguistiche storiche dalla legislazione statale nella Repubblica Italiana[105].

In seguito a un assai travagliato processo normativo[106], la Legge 15 dicembre 1999, n. 482 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche) ha infine dato applicazione all'Art. 6 della Costituzione, riconoscendo la tutela della lingua e della cultura di dodici popolazioni autoctone storicamente parlanti idiomi diversi dall'italiano (oltre ad avere altre caratteristiche che le distinguono) e elencate in due gruppi di sei: nel primo albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate, nel secondo francesi, francoprovenzali, friulane, ladine, occitane e sarde[107][108]. La Repubblica ha inoltre firmato e ratificato nel 1997 la Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, e ha firmato la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie il 27 giugno del 2000, ma non l'ha ratificata per cui non trova applicazione nel territorio della Repubblica.

Nella quotidianità non tutte le dodici lingue riconosciute a livello nazionale godono della stessa considerazione[106]: ad esempio, l'Agenzia delle Entrate mette a disposizione il modello 730 e le relative istruzioni, oltre che in italiano, solo in tedesco e in sloveno. I siti governativi e parlamentari non hanno una versione, nemmeno ridotta, in queste lingue, salvo rare eccezioni come la versione in francese del sito della Camera dei deputati[109]. Pur essendo vietato discriminare tra le dodici minoranze linguistiche che hanno pari diritti linguistici e costituzionali, solo tre di queste (minoranza francese della Valle d'Aosta; minoranza germanofona della provincia di Bolzano; minoranza slovena della provincia di Trieste) godono di una maggiore tutela, grazie a trattati internazionali stipulati prima della approvazione della L. 482/1999 e ratificati dal Parlamento italiano, avendo scuole pubbliche statali in cui la lingua curriculare è quella propria della minoranza, nonché un canale televisivo nella sola lingua della minoranza.

Legislazione regionale[modifica | modifica wikitesto]

Diverse regioni italiane hanno prodotto nel corso degli anni ulteriori leggi regionali a riconoscimento e tutela di vari idiomi, fra cui in ordine cronologico:

Tutti gli idiomi diversi dalle lingue parlate dalle "minoranze linguistiche storiche" riconosciute e tutelate ai sensi dell'art. 6 della Costituzione italiana, elencate nell'art. 2 della legge 482/99, possono essere esclusivamente valorizzati sul solo piano culturale ai sensi dell'art. 9 della Costituzione italiana, quale patrimonio culturale immateriale regionale.[130]

Atlante[modifica | modifica wikitesto]

Evoluzione dal Latino[modifica | modifica wikitesto]

Latino Italiano esempio Sardo Italiano Meridionale Estremo / Siciliano Italiano Meridionale / Napoletano Corso Veneto Ligure Emiliano Romagnolo Lombardo Piedmontese Friuliano Romancio Arpitano Occitano
b/p -p- p p p p p v v v v v v v v v v
pl pj pluwiam pr ki̯ ki̯ pi̯ pi pi pi̯ pi̯ pl pl pll pl
-b- v caballum non pronunciata v v v v v v v v v v v v v
-pt- septem t tt t /tt/ [t] t t t t t t pt t
-ct- tt lactem t tt tt tt t t <tt> jt; tɕ t tɕ; t ts; tɕ
-ct- octō t tt t t t t t t t <t(g); ch> [tɕ] t ch
d/t -t- t t t t t d d d d d d d d d d
tl tj
strum stro nostrum stru /strʊ/ [ɕɻʊ] ʃtə stru stro stro ster st(er) [st(ɐr)] st stri ss tron stre
tr tr petra dr tr t tr r ri̯ d d; j r, ri; j r p rr ɾ
ttro ttro quattuor >*quattro toro ʈɻʊ /ttro/ [tːə] ttru tro ttro tar /ter/ [tɐr] /tr/ [t] tri t(t)er tro tre
g/c non davanti i, e -c2- k focum k k k k g g g g g non pronunciato k non pronunciato non pronunciato k
-qu- kkw aquam bb kkw kkw kkw kw gu̯ kw kw kw~v v g u gu g
quie- kwjɛ quietum kjɛ
kjɛ quiedĕre
qu2 k que k
-cl- kkj auriculam > *oriclam; oculum > *oclum kr kki̯ kki̯ ki̯ dʑ; j l ʎ ʎ ʎ
cl- kj kr ki̯ ki̯ ki̯ l ʎ ʎ ʎ
gl gj gr gi̯ gi̯ gi̯ l ʎ ʎ ʎ
ca ka caballum ka ka /ka/ [cɐ] ka ka ka ka ka ka ka ĉha tʃa che ka
ca ka canem ka ka ka ka ka ka ka ka kɑ̃ ka ca tʃaw chi ka
qua kwa quattuor >*quattro kwa kwɑtːə kwa kwa /kwa/ /kwa/ /kwa/ /kwa/ /kwa/ /kwa/ /kwa/
-que kwe quīnque >*cīnque be /ku/ [kʊ] /ko/ [ɡə] <que> kwe que /c/ k <ch> k /c/ <tg> [k] /q/ /c/
ngu ŋɡw linguam mb ŋgw ŋgw ŋgw ŋgw ŋgw ŋgw ŋgw g(u) (nasalizzazione) ŋɡ ŋɡ ŋgw ngou ŋɡ
g/c davanti i, e -c1- decem k ʃ ʃ c z ʒ z z s s s ʃ <x> <tz>
c1 caelum k s; ts; θ s tɕ; s s s
cīn tʃin quīnque >*cīnque kim tʃɪn tʃin cin tsin; sin; θin çìn sin /cin/ sĩ siŋ <cin> tʃin <cin> <cin>
-ce- non pronunciato facere ke ʃɪ non pronunciato non pronunciato non pronunciato non pronunciato non pronunciato non pronunciato non pronunciato non pronunciato non pronunciato non pronunciato ze
g1 g ɟ z; dz; ð z z z z
m -mi- - hominem mi - - - me - me /me/ [mɐ] - - - - -
n -n- n manum n n n n ŋ ŋ n (n) n [ŋ] n n n n
-nem - hominem ne - - - - - n n - - - - -
l -li- ʎʎ mulierem dz gːi̯ ʎ ʎ j j j j non pronunciato ʎ ʎ
ʎʎ lium dz gːi̯ ʎ ʎ non pronunciato l (l) l non pronunciato ʎ ʎ ʎ
-ll- ll caballum dh /dd/ [ɖɖ] ll ll e semiconsonante ll l ll l l l l l
ll pellem dh /d•d/ [dː] ll ll non prounciata ll l ll l l l l l
-lt lt altum rt /ut/ [wɾ] u̯t lt lt t lt lt /ut/ [ʊ̯t] lt /ut/ [ʊ̯t] t ut
r -re re facere re /ri/ [ɾɪ] non pronunciato non pronunciato r non pronunciato r (r) non pronunciato non pronunciato r re (r)
rr rr terram rr rr rr rr ɾ ɾ ɾ /rr/ [ɾ] ɾ r rr rr rr
v v [w] ddʒ id v v ddʒ v v v v v v non pronunciata vdʒ v j
v [w] v b v v v <v> [non pronunciato] v v /v/ [f] /v/ [w] v (u)v f u
v [w] v /b/ v v v v non pronunciata v v /v/ [f] /v/ [w] v /v/ [f] v; f

Ortografie e fonetica[modifica | modifica wikitesto]

Alcuni fonemi, pur non disponendo di un grafema univoco in una certa grafia, possono essere comunque presenti nei dialetti che, nella tabella qui di seguito, non hanno tali suoni raffigurati.

Lingue non riconosciute come lingue minoritarie in Italia, ma riconosciute dall'Unesco.

Vocali[modifica | modifica wikitesto]

Fonema Ligure Piemontese Lombardo Emiliano Romagnolo Galloitalico di Sicilia Veneto Sassarese Gallurese Corso Napoletano Siciliano Gardiol (Occitano Calabrese) Vivaro-Alpino (Occitano Piemontese) Faetar (Franco-provenzale Pugliese)
[a] – a breve à à à à à à à à à à à à / â / (á) à à à
[a:] – a lunga â aa â ā
[æ] – a anteriore ä
[ɒ] – a posteriore å (a)
[ɐ] – vocale centrale quasi aperta â
[ə] – vocale centrale ë ă ' e / o (ä) a â
['ɛ] – e aperta breve è è è è è è è è è è è / ê / (é) è è è
[ɛ:] – e aperta lunga æ è / ê ë ĕĕ
[ɛə] – e aperta centralizzata
[e] – non accentata e (aperta se sillaba termina per consonante) e e
['e] – e chiusa breve é é é é (e.) é é é é é é é é é
[e:] – e chiusa lunga ê ee ē é
[ej] – e chiusa ed i ei
[eə] – e chiusa centralizzata ê
[ɔ] – o aperta breve ò ò o (ò) ò ò ò ò ò ò ò / ô ò ò (ò)
[ɔ:] – o aperta lunga (ö) ò / ô ö
[ɔə] – o aperta centralizzata
[œ] – e aperta arrotondata œ (oe)
[o] – o non accentata
[o] – o chiusa breve (ò) (ó) ó (o.) ó ó ó ó ó ó ó
[o:] – o chiusa lunga ö oo ō ó ō
[ow] – o chiusa ed u
[oə] – o chiusa centralizzata ô
[ø] – e chiusa arrotondata eu eu ö ø oe
[ø:] – e chiusa arrotondata lunga êu
[ɪ] – i aperta ë (ë)
[ʊ] – u aperta ö (ö)
[i] – i breve í í í í ì í í í í í í ì / î í í í
[i:] – i lunga î ii î ī ii ī
[u] – u breve ó ó ú ú ù ú ú ú ú ú ú ù / û ó ó u
[u:] – u lunga ô uu û ū
[y] – i arrotondata ú ú ü ü ú ú ue
[y] – i arrotondata lunga û üü
apostrofo -

Consonanti[modifica | modifica wikitesto]

Fonema Ligure Piemontese Lombardo Emiliano Romagnolo Galloitalico di Sicilia Veneto Sassarese Gallurese Corso Napoletano Siciliano Gardiol (Occitano Calabrese) Vivaro-Alpino (Occitano) Faetar (Franco-provenzale Pugliese)
[s] – s sorda ç / s s s s s s s s s s s / -ss- / ç / c (+i/e) s / -ss- / ç / c (+i/e) s
[ʂ] – s retroflessa sorda s s
[ɕ] – s alveolo-palatale sorda ç
[ʃ] – s palatoalveolare sorda sc (+i/e) sc (+i/e) sc (+i/e) š sc (+i/e) (š) x / š -iss-
[z] – s retroflessa sonora z / s z ʃ x (ṡ) / z ṡ / s(d) z / -s- z / -s-
[ʐ] – s sonora
[ʑ] – s alveolo-palatale sonora
[ʒ] – s palatoalveolare sonora x ʃg (+i/e) sg (+i/e) x̌ (ṧ) sg (+i/e) (š) sg (+i/e)
[θ] – s dentale sorda z ç (ẑ) / th (ç)
[ts] – z sorda ts z zz ç (z) / ts (z) z ch, tz ts
[ð] – s dentale sonora ż ż / dh (z)
[dz] – z sonora ds ż ż / dz z ż / (n)s ż j dṡ
[th] – t aspirata th
[sː] – s lunga sorda 'ss
[stʃ] – dittongo [s] e [tʃ] s'c s'c s-c s-c
[zdʒ] – dittongo [z] e [dʒ] ʃ'g
[ɽ] – r retroflessa
[r] [ɾ] – r r r
[ʎ] – palatale laterale gli gli gli lh lh
[gl] – dittongo [g] e [l] g-l
[ɲ] – nasale palatale gn gn gn gn gn gn gn gn gn gn gn gn nh nh
[n] – n davanti a [s] n nn n n n'
[ŋ] – n davanti a [g] nn n- ngh n
[bv] – dittongo [b] e [v] ṿ
[tʃ] – c palatale c' ç ch ch c'
[dʒ] – g palatale g' j / g (+i/e) / tj / tg (+i/e) j / g (+i/e) / tj / tg (+i/e) g'
[k] a fine di parola ch ch ch k qu qu cc (+a/o/u)
[g] a fine di parola gh gh gh gu gu
[tʃ] a fine di parola cc c'
[dʒ] a fine di parola gg g'
[ɖ͡ʐ] – z retroflessa sonora
[] – d d
[ɖ] – d retroflessa
[ɖɖ] – d retroflessa geminata dd dd dd ḍḍ ll
[ʈɽ] – tr retroflesso ṭṛ
[ʂɽ] – ŝr retroflesso stṛ / ṣ‑ṛ
[ɬ:t] – l fricativa sorda + t ‑lth‑ / ‑sth‑ / ‑rth‑
[ɬ:k] – l fricativa sorda + ch ‑lch‑ / ‑sch‑ / ‑rch‑
[c] – ch palatale chj chj chi
[ɟ] – gh palatale ghj ghj ghi
[ç][x][h] – ch fricativa h
[ɣ] – gh fricativa gh-
[ʔ] – occlusiva glottale -
[e̯] – e consonantica ƚ
[ʊ̯] – u aperta consonantica o
[j] – i consonante i j j j j j j j j j j j (i) lh (i)
[w] – u consonante u v (fine di parola) (u) (u) (u) (u) (u) (u) (u) (u) (u) (u) (u) {u} (u)
[ɥ] – i arrotondata consonante u (u) (ü) (u) (u) (ue)

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Maiden-Parry 1997, p. 1: «Italy holds especial treasures for linguists. There is probably no other area of Europe in which such a profusion of linguistic variation is concentrated into so small a geographical area». (EN)
  2. ^ Avolio 2015, p. 11: «[...] il paese europeo più ricco e differenziato dal punto di vista delle varietà di lingua».
  3. ^ Berruto 2018, p. 494.
  4. ^ A titolo di esempio, si potrebbe citare la situazione occorrente nel Regno di Sardegna sabaudo. Nel possedimento insulare del Regno, il ruolo di lingua tetto era stato adempiuto non dall'italiano, a differenza della vicina Corsica, bensì dalle lingue iberiche fino alla seconda metà del Settecento; fu intorno a tale periodo che l'italiano vi sarebbe stato introdotto ufficialmente per mezzo di norme mirate alla diffusione di detta lingua tra gli isolani: tale manovra ineriva a un allineamento di tale territorio verso l'orbita egemonica del Piemonte, nel quale l'italiano era, invece, già stato eletto come lingua ufficiale ben due secoli prima. In Valle d'Aosta e Savoia, al contrario, era e sarebbe stato ancora il francese a occupare a lungo una posizione di prestigio. Cfr. Ines Loi Corvetto, I Savoia e le "vie" dell'unificazione linguistica, in Ignazio Putzu, Gabriella Mazzon, Lingue, letterature, nazioni. Centri e periferie tra Europa e Mediterraneo, 2012.; Eduardo Blasco Ferrer, Peter Koch, Daniela Marzo, Manuale di linguistica sarda, De Gruyter, 2017.; Tullio De Mauro, Storia linguistica dell'Italia unita, Bari, Editori Laterza, 1991.
  5. ^ Enciclopedia Treccani: Storia della lingua italiana e del suo utilizzo negli Stati preunitari, su treccani.it.
  6. ^ M. Voghera - Università di Salerno. 4. Le lingue d'Italia (italiano - dialetti): Com'è noto l'Italia ha vissuto fino ad anni molto recenti una situazione di diffusa e profonda diglossia) (PDF), su parlaritaliano.it.
  7. ^ Dialetti, su Treccani. URL consultato il 20 marzo 2024.
  8. ^ Tullio De Mauro, Distanze linguistiche e svantaggio scolastico: «L’Italia d’oggi continua a essere solcata da cospicue differenze di lingua tra coloro che praticano abitualmente il solo italiano o, accanto all’italiano, anche un dialetto (o una delle tredici lingue di minoranza) (...). L’aspetto più interessante, coincidente con risultati ottenuti in altre parti del mondo, è che la presenza del dialetto in famiglia non è di per sé correlata a bassi punteggi. Lo è se è una presenza esclusiva, ma i dati fanno vedere che una componente dialettale accanto all’italiano non disturba e addirittura sembra giocare un ruolo positivo: ragazzi che parlano costantemente e solo italiano hanno punteggi meno brillanti di ragazzi che hanno anche qualche rapporto con la realtà dialettale. Assai più che l’idioma parlato a casa, altri fattori incidono sui livelli di comprensione di testi(…)» (tratto da: Adriano Colombo, Werther Romani (a cura di), “È la lingua che ci fa uguali”. Lo svantaggio linguistico: problemi di definizione e di intervento, Quaderni del Giscel, La Nuova Italia, Firenze 1996, pp. 13-24) http://giscel.it/wp-content/uploads/2018/04/Tullio-De-Mauro-Distanze-linguistiche-e-svantaggio-scolastico.pdf
  9. ^ Enciclopedia Treccani, voce Italia mediana
  10. ^ (EN) Napoletano-Calabrese, su Ethnologue. URL consultato il 13 febbraio 2022.
  11. ^ Unesco: South Italian, su unesco.org. URL consultato il 6 settembre 2019.
  12. ^ (EN) Sicilian, su Ethnologue. URL consultato il 13 febbraio 2022.
  13. ^ (EN) Venetian, su Ethnologue. URL consultato il 13 febbraio 2022.
  14. ^ (EN) Lombard, su Ethnologue. URL consultato il 13 febbraio 2022.
  15. ^ (EN) Sardinian, Campidanese, su Ethnologue. URL consultato il 13 febbraio 2022.
  16. ^ (EN) Sardinian, Logudorese, su Ethnologue. URL consultato il 13 febbraio 2022.
  17. ^ Popolazione residente - bilancio : Sardegna, su dati.istat.it. URL consultato il 15 giugno 2022.
  18. ^ (EN) Piedmontese, su Ethnologue. URL consultato il 13 febbraio 2022.
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  49. ^ a b c Gaetano Berruto, Varietà, in Enciclopedia dell'italiano, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010-2011.
    «I dialetti italiani (o, più precisamente, italoromanzi, in quanto membri dell’insieme delle varietà linguistiche neolatine che appartengono al gruppo così identificato in base alle caratteristiche linguistiche) non vanno considerati varietà diatopiche della lingua italiana (tali sono invece gli italiani regionali), ma sono lingue a sé, con una propria autonomia e una propria storia.

    Secondo un’utile distinzione introdotta da Coseriu (cfr., per es., Coseriu 1980), si tratta infatti di «dialetti primari», vale a dire di varietà linguistiche formatesi (con la dissoluzione del latino negli usi parlati e la sua trasformazione nelle lingue neolatine) contemporaneamente al fiorentino, che nella sua forma letteraria è alla base di quella che è diventata lingua nazionale e standard. I volgari italiani medievali, quando nel Cinquecento uno di essi è stato promosso a lingua, sono diventati dialetti (Alinei 1984).

    Dialetto è infatti una nozione che si può definire propriamente solo in termini sociolinguistici, in relazione oppositiva con quella di lingua (standard): dialetto e lingua sono sistemi linguistici allo stesso pieno titolo, differenziati dalla loro collocazione nella comunità»
  50. ^ Dragan Umek, La varietà linguistica in Italia. Lingue regionali, dialetti, colonie e minoranze linguistiche (PDF), su moodle2.units.it, Università degli Studi di Trieste, 2019.
    «Cosa è un dialetto? In senso linguistico, un dialetto è una varietà di una lingua. In senso genealogico, un dialetto è una lingua che si è evoluta da un’altra lingua. In senso sociolinguistico, un dialetto è una lingua subordinata ad un’altra lingua.»
  51. ^ Pellegrini, Giovanni Battista (1977). Carta dei dialetti d'Italia, Pisa, Pacini, p.17: «parlate della Penisola e delle Isole che hanno scelto già da tempo, come lingua guida l'italiano».
  52. ^ a b Francesco Avolio, Dialetti, in Enciclopedia dell'italiano, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010-2011.
    «L’adozione dell’italiano come riferimento, unico possibile criterio di distinzione fra il vasto insieme definito italo-romanzo e gli altri gruppi neolatini, è stata ripresa, nel 1975, da Giovan Battista Pellegrini, come base per la sua proposta di classificazione in cinque sistemi (italiano settentrionale, friulano o ladino-friulano, toscano o centrale, centro-meridionale, sardo), sulla quale oggi converge, pur con qualche differenza, la maggior parte degli studiosi (per approfondimenti e dettagli si rinvia alle voci sulle singole aree linguistiche). Tutti i dialetti italo-romanzi sono definiti primari, in quanto formatisi contemporaneamente a quello che poi sarebbe diventato l’italiano.»
  53. ^ Massimo Cerruti, L'italianizzazione dei dialetti italiani: una rassegna (PDF), in Quaderns d'Italia, n. 21, 2016, p. 64.
    «Il contatto tra italiano e dialetto rappresenta, com’è noto, un caso di contatto tra sistemi linguistici diversi. I vari dialetti italiani parlati oggi sono infatti sistemi separati e indipendenti dall’italiano. Sono varietà sorelle del dialetto dal quale si è sviluppata la lingua standard; costituiscono ciascuno la prosecuzione di un volgare romanzo coevo del fiorentino, e hanno perciò una propria storia autonoma, parallela a quella del dialetto poi promosso a standard.»
  54. ^ a b Cristina Lavinio, Dimensioni della variazione: la regionalità dell’italiano (PDF), in Bruno Moretti, Aline Kunz, Silvia Natale, Etna Krakenberger (a cura di), Le tendenze dell’italiano contemporaneo rivisitate, Società Linguistica Italiana.
    «Gli italiani regionali sono però varietà rispetto alle quali neanche le persone colte hanno un’idea ben chiara, e quando se ne parla, anche nei media, li si confonde con i dialetti italiani 'tout court' (cioè con quelli che in Italia chiamiamo dialetti, ma che sono in realtà lingue sorelle dell’italiano a base toscana)»
  55. ^ a b Silvia Ballarè, La negazione di frase: formule e funzioni - Studi di caso nel dominio italoromanzo (PDF).
    «Si ha bilinguismo, infatti, a causa dalla compresenza di italiano e dialetti che, come noto, appartengono a sistemi linguistici distinti. Seguendo la terminologia di Coseriu (1980), i dialetti italoromanzi sono dei dialetti primari rispetto all’italiano: si tratta infatti di lingue sorelle e coeve dell’italiano che, rispetto ad esso, hanno seguito un percorso parallelo; sebbene strettamente imparentate con l’italiano, sono individuabili per distanziazione (Abstand in Kloss 1967) poiché presentano differenze strutturali a tutti i livelli di analisi della lingua (v. ad es. Maiden e Parry 1997).»
  56. ^ Michele Loporcaro, 12. L'Italia dialettale, in Manuale di linguistica italiana, Sergio Lubello, 2013.
    «Il presente capitolo tratteggia la distribuzione areale e, a grandi linee, le principali caratteristiche strutturali dei dialetti italo-romanzi. Questi fanno parte del più ampio dominio romanzo e vanno considerati a tutti gli effetti – sul piano linguistico – come lingue sorelle delle altre varietà neolatine cui ha arriso maggior fortuna in termini socio-politico-culturali, a cominciare dall’italiano standard su base fiorentina.»
  57. ^ Emanuele Miola (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna), Che differenza c’è tra lingua e dialetto?, su linguisticamente.org, 14 Luglio 2020.
    «Per lingue regionali si intenderà lingue parlate in una certa area, che non corrisponde a un’intera nazione, ma che non necessariamente coincide con una regione amministrativa. Val la pena di aggiungere che le lingue regionali parlate in Italia (e i loro dialetti) discendono direttamente dal latino e non sono quindi delle modificazioni o corruzioni dell’italiano, ma piuttosto delle lingue ‘sorelle’ dell’italiano.»
  58. ^ a b Michele Loporcaro, Profilo linguistico dei dialetti italiani, Laterza, 2009.
    «I dialetti italiani sono dunque varietà italo-romanze indipendenti o, in altre parole, dialetti romanzi primari, categoria che si oppone a quella di dialetti secondari. Sono dialetti primari dell’italiano quelle varietà che con esso stanno in rapporto di subordinazione sociolinguistica e condividono con esso una medesima origine (latina). Dialetti secondari di una data lingua si dicono invece quei dialetti insorti dalla differenziazione geografica di tale lingua anziché di una lingua madre comune.»
  59. ^ Posner 2004,  p. 200.
  60. ^ Loporcaro 2009,  pp. 3-8.
  61. ^ Marcato 2002,  p. 20.
  62. ^ a b Rainer Schlosser, Le Lingue Romanze, edizioni Il Mulino
  63. ^ Enciclopedia Treccani, vol XIX, pag.927
  64. ^ Gerhard Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti (Torino ed. Einaudi, vol. I, 1966)
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  66. ^ "Koiné in Italia dalle Origini al Cinquecento" – Atti del Convegno di Milano e Pavia, 25-26 settembre 1987 – a cura di Glauco Sanga – Pierluigi Lubrina Editore – Bergamo 1990
  67. ^ G.B. Pellegrini, Il cisalpino e l'italoromanzo
  68. ^ Il gallo-italico marchigiano (o "gallo-piceno", o "marchigiano settentrionale") è parlato in tutta la provincia di Pesaro-Urbino, nella parte settentrionale di quella di Ancona (zona di Senigallia) e nell'area del Cònero. Tale idioma, pur correlato alle altre lingue galliche italiane, è indipendente rispetto ad esse:
    • AA. VV. Conoscere l'Italia, vol. Marche (pag. 64), Istituto Geografico De Agostini – Novara – 1982; Le Regioni d'Italia, Vol. X Collezione diretta da Roberto Almagià, Pubblicazione sotto gli auspici del Comitato Nazionale per la celebrazione del centenario dell'Unità d'Italia, 1961;
    • Flavio Parrino, capitolo sui dialetti nella Guida d'Italia – volume Marche del Touring Club Italiano;
    • Saverio Carpentieri, Angelo Pagliardini, Barbara Tasser, Lew Zybatow, Italia e "Italie": identità di un paese al plurale, Peter Lang, 2010 (p. 45). ISBN 978-3-631598542.
  69. ^ Maurizio Dardano, Nuovo Manualetto di Linguistica Italiana, Bologna, Zanichelli, 2005
  70. ^ Più nel dettaglio, sono esclusi il circondario di Senigallia e l'area dell'isola linguistica gallica del Cònero
  71. ^ Più nel dettaglio, il gallico marchigiano è parlato nel circondario di Senigallia e nell'isola linguistica gallica del Cònero
  72. ^ Giacomo Devoto, Storia della Lingua di Roma, Bologna, Cappelli, 1969 (ristampa dell'ed. del 1944), pag. 366
  73. ^ «Sardinian is the only surviving Southern Romance language which was also spoken in former times on the island of Corsica and the Roman province of North Africa.» Georgina Ashworth, World Minorities, vol. 2, Quartermaine House, 1977, p. 109.
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  75. ^ Delimitazione ambito territoriale tutela delle minoranze linguistiche ai sensi della L. 482 del 15/12/1999 (PDF), su provincia.messina.it. URL consultato il 1º novembre 2012 (archiviato dall'url originale il 3 settembre 2013).
  76. ^ Le minoranze slovene del Friuli – Enciclopedia Treccani http://www.treccani.it/enciclopedia/comunita-slovena_(Enciclopedia-dell'Italiano)/ 2 Le minoranze slovene del Friuli - 2.1 Generalità - Appartengono alla provincia di Udine le comunità della Val Resia, delle Valli del Torre e del Natisone (che costituiscono il territorio della cosiddetta Benecia), nonché, separate da queste, più ad ovest, le comunità della Val Canale. Fatta eccezione per quelli della Val Canale (§ 2.5), si tratta di dialetti parlati sul versante occidentale delle Alpi Giulie, per la maggior parte circondati dall’area linguistica romanza, a contatto con la quale hanno vissuto per secoli.
  77. ^ Per la scienza internazionale il resiano è sloveno - https://bardo-lusevera-news.blogspot.com/2017/06/per-la-scienza-internazionale-il.html
  78. ^ (…) Un linguista colla parola sloveno vuole soltanto indicare quali siano le relazioni di consanguineità tra i vari dialetti parlati nella zona delle Alpi orientali. È ovvio che il resiano non è un dialetto romanzo o tedesco, nonostante i numerosi prestiti lessicali, ma un dialetto appartenente al gruppo di lingue slave. Tra quelle slave il più grande numero di concordanze di fenomeni linguistici lo troviamo con lo sloveno (….) Se di questo fatto linguistico, accettato unanimamente (…) Per trovare dialetti sloveni con legami più stretti col resiano, bisogna cercare verso nord (...) - Sangiorgini, Resiani e Sloveni di HAN STEENWIJK http://147.162.119.1:8081/resianica/ita/resslov.do.Johannes Jacobus (Han) Steenwijk dal 2001 a oggi, 2019, è responsabile della Cattedra di Lingua e letteratura slovena dell'Università di Padova, come professore associato. Dal 2013 a oggi insegna anche Lingua serba e croata come supplente https://didattica.unipd.it/off/docente/5B018C4704458BAA2A577A15558200A6
  79. ^ (EN) Paolo Coluzzi, Language planning for Italian regional languages ("dialects"), in Language Problems and Language Planning, John Benjamins Publishing Company, 2008. URL consultato l'11 settembre 2023.
  80. ^ Alberto Varvaro, Politiche linguistiche, in Linguistica romanza. Corso introduttivo, 2ª ed., Napoli, Liguori Editore, 2001, p. 29.
    «In Italia, dall'Unità (1861) in poi, salvo brevi periodi, nelle scuole il dialetto è sempre stato sanzionato, obbligando i bambini all'uso dell'italiano che per molti, specie in passato, era lingua straniera e poco comprensibile. Per questa via si è diffusa la generale convinzione, del tutto infondata, che i dialetti siano una corruzione dell'italiano. [...] Torniamo alla scuola italiana. Che l'italiano fosse obbligatorio è vero, ma è anche vero che lo insegnavano maestri che lo conoscevano, anch'essi, poco e male e che quindi tolleravano, spesso senza accorgersene, deviazioni dalla norma teorica.»
  81. ^ Corrado Grassi, Alberto A. Sobrero, Tullio Telmon, Latino, italiano, dialetti, in Introduzione alla dialettologia italiana, 5ª ed., Bari, Editori Laterza, 2003, p. 26.
    «A partire dall’Unità d’Italia la scuola avrebbe dovuto svolgere una funzione fondamentale nel dare una lingua comune agli italiani. In realtà essa non fu assolutamente in grado di assolvere tale compito: era poco frequentata (la legge Casati del 1859 prevedeva l’obbligatorietà delle scuole elementari, ma le cifre dell’evasione scolastica furono subito imponenti, rasentando in alcune province meridionali il 100%) e versava in condizioni disastrose; per restare ai problemi della lingua, le ispezioni ministeriali rilevarono la grave impreparazione degli insegnanti, spesso ai limiti dell’analfabetismo, al punto che la maggior parte di loro parlava in dialetto a scuola e incontrava difficoltà nella scrittura»
  82. ^ Fiorenzo Toso, L'Italia, in Lingue d'Europa, Milano, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2006, p. 64.
    «La politica nei confronti dei patrimoni linguistici e delle culture minoritarie fu improntata, in generale, ad un atteggiamento di sottostima e di non rispetto, che, se nei confronti dei dialetti italiani e collegati assecondava pregiudizi eruditi e concezioni comunque detrattive del loro significato culturale, per per quello che riguarda le minoranze alloglotte divenne col tempo una vera e propria repressione culturale, soprattutto negli anni del fascismo.»
  83. ^ Corrado Grassi, Alberto A. Sobrero, Tullio Telmon, Latino, italiano, dialetti, in Introduzione alla dialettologia italiana, 5ª ed., Bari, Editori Laterza, 2003, p. 27.
    «[…] si radicarono nella scuola due «vizi» che la caratterizzarono per lungo tempo:

    - una lingua italiana assunta dai modelli letterari, tendenzialmente puristica, socialmente esclusiva e isolata dalle altre varietà del repertorio; - la lotta senza quartiere ai dialetti, considerati il principale ostacolo nell'apprendimento della «corretta» lingua.

    La dialettofobia istituzionale della scuola italiana – a parte lodevoli eccezioni – si protrasse, di fatto, fin oltre la metà del Novecento: si può considerare simbolicamente come data terminale solo il 1962, anno in cui fu istituita la scuola media unica, obbligatoria e gratuita. In realtà, comportamenti per principio o di fatto antidialettali nella scuola media sono continuati anche ben oltre quella data, e qua e là continuano tuttora, anche se sono mascherati da un’adesione dichiarata ai programmi del 1962 e a quelli, successivi, del 1979.»
  84. ^ Fabio Foresti, Profilo linguistico dell'Emilia-Romagna, Bari, Editori Laterza, 2010, p. 68.
    «Di certo la connotazione sociale del dialetto, l'idea che ne possiede la pubblica opinione, appare negativa, si tende a considerarlo una sottolingua, valida al più per fare battute e come veicolo di naturalezza. Pesano - come sappiamo - la costante politica antidialettale della scuola, il ruolo dei mezzi di comunicazione, che ne restituiscono in prevalenza un'immagine deformata e buffonesca, ma sono altrettanto influenti i giudizi che di volta in volta ne hanno dato veri e propri numi tutelari nella nostra intellettualità»
  85. ^ Rebecca Bardi, «Lasciateci parlare!» Il dialetto tra caos, tabù, pregiudizi e parole proibite, su Treccani.it, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 3 gennaio 2020. URL consultato il 7 marzo 2023.
    «Tuttavia, è storicamente veritiero affermare che proprio questo «caos» e questa mobilità del lessico − soprattutto dialettale, occorre precisare, che possiede come si sa di notevoli specializzazioni tematiche − hanno causato non pochi scompensi a livello sociale: una conseguenza, ben tangibile ancora oggi, è il pregiudizio per cui al dialetto appartengono per la maggior parte parole sconce e inappropriate, giudicate troppo “sanguigne” e che come tali devono essere soppresse. Parole proibite, insomma.»
  86. ^ Carla Marcato, Guida allo studio dei dialetti, Clep, Padova, 2011, pag. 11
  87. ^ Carla Marcato, Dialetto, dialetti e italiano, Il Mulino, Bologna, 2002, pag. 20
  88. ^ Carla Marcato, Guida allo studio dei dialetti, Clep, Padova, 2011, pag. 12
  89. ^ Tullio De Mauro, Storia linguistica dell'Italia unita - Laterza - prima edizione 1963, pp. 25-26
  90. ^ Sergio Salvi, Le Nazioni Proibite, Editore Vallecchi, Firenze 1973, pag. 341
  91. ^ Manuale di linguistica e filologia romanza, Lorenzo Renzi e Alvise Andreose, Il Mulino, Bologna, 2003, pag. 50
  92. ^ a b c Michele Loporcaro, Profilo linguistico dei dialetti italiani, Laterza, Roma-Bari, 2009, pagg. 4-5
  93. ^ Gaetano Berruto, Massimo Cerruti, Le lingue del mondo, in La linguistica. Un corso introduttivo, 2ª ed., Torino, Utet, 2017, p. 232.
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    «In attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e in armonia con i princípi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo»
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  119. ^ http://lexview-int.regione.fvg.it/fontinormative/xml/XmlLex.aspx?anno=2010&legge=5 - Legge regionale 17 febbraio 2010, n. 5 - Valorizzazione dei dialetti di origine veneta parlati nella regione Friuli Venezia Giulia. Art. 1 (Principi e finalità) 1. In attuazione dell'articolo 9 della Costituzione e in armonia con i principi internazionali di rispetto delle diversità culturali e linguistiche, la Regione valorizza i dialetti di origine veneta individuati all'articolo 2, quali patrimonio tradizionale della comunità regionale e strumento di dialogo nelle aree frontaliere e nelle comunità dei corregionali all'estero. 2. Le attività di valorizzazione previste dalla presente legge sono dirette a conservare la ricchezza culturale presente nel territorio regionale e nelle comunità dei corregionali all'estero, e renderla fruibile anche alle future generazioni, sviluppando l'identità culturale e favorendo l'utilizzo del dialetto nella vita sociale
  120. ^ a b c Legge Regionale 15 ottobre 1997, n. 26, su regione.sardegna.it, Regione autonoma della Sardegna – Regione Autònoma de Sardigna. URL consultato l'11 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale il 26 febbraio 2021).
  121. ^ Legge Regionale 3 Luglio 2018, n. 22, su regione.sardegna.it, Regione autonoma della Sardegna – Regione Autònoma de Sardigna.
  122. ^ [3] «Nel caso del tabarchino le contraddizioni e i paradossi della 482 appaiono con tutta evidenza se si considera che questa varietà, che la legislazione nazionale ignora completamente, è correttamente riconosciuta come lingua minoritaria in base alla legislazione regionale sarda (L.R. 26/1997), fatto che costituisce di per sé non soltanto un assurdo giuridico, ma anche una grave discriminazione nei confronti dei due comuni che, unici in tutta la Sardegna, non sono in linea di principio ammessi a fruire dei benefici della 482 poiché vi si parla, a differenza di quelli sardofoni e di quello catalanofono, una lingua esclusa dall'elencazione presente nell'art. 2 della legge», Fiorenzo Toso, Alcuni episodi di applicazione delle norme di tutela delle minoranze linguistiche in Italia, 2008, p. 77.
  123. ^ Legge regionale 3 luglio 2018 n. 22 - Art. 2 - Oggetto, finalità e ambito di applicazione 1. La lingua sarda, il catalano di Alghero e il gallurese, sassarese e tabarchino, costituiscono parte del patrimonio immateriale della Regione, che adotta ogni misura utile alla loro tutela, valorizzazione, promozione e diffusione. 2. La presente legge disciplina le competenze della Regione in materia di politica linguistica. In particolare, essa contiene: a) le misure di tutela, promozione e valorizzazione della lingua sarda e del catalano di Alghero; b) le misure di promozione e valorizzazione del sassarese, gallurese e tabarchino;
  124. ^ Legge regionale 13 aprile 2007, n. 8, su consiglioveneto.it. URL consultato il 30 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 25 marzo 2013).
  125. ^ Sentenza n. 81 del 20 marzo 2018 della Corte costituzionale italiana - https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2018&numero=81
  126. ^ Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana - Anno 65° - Numero 24
  127. ^ «La popolazione dei centri di dialetto gallo-italico della Sicilia si calcola in circa 60.000 abitanti, ma non esistono statistiche sulla vitalità delle singole parlate rispetto al contesto generale dei dialetti siciliani. Per quanto riguarda le iniziative istituzionali di tutela, malgrado le ricorrenti iniziative di amministratori e rappresentanti locali, né la legislazione isolana né quella nazionale (legge 482/1999) hanno mai preso in considerazione forme concrete di valorizzazione della specificità delle parlate altoitaliane della Sicilia, che pure rientrano a pieno titolo, come il tabarchino della Sardegna, nella categoria delle isole linguistiche e delle alloglossie». Fiorenzo Toso, Gallo-italica, comunità, Enciclopedia dell'Italiano (2010), Treccani.
  128. ^ Legge regionale Puglia n.5/2012, su regione.puglia.it. URL consultato il 30 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 24 aprile 2015).
  129. ^ Legge Regionale 7 ottobre 2016 , n. 25 1. Ai fini della presente legge, la Regione promuove la rivitalizzazione, la valorizzazione e la diffusione di tutte le varietà locali della lingua lombarda, in quanto significative espressioni del patrimonio culturale immateriale, attraverso: a) lo svolgimento di attività e incontri finalizzati a diffonderne la conoscenza e l'uso; b) la creazione artistica; c) la diffusione di libri e pubblicazioni, l'organizzazione di specifiche sezioni nelle biblioteche pubbliche di enti locali o di interesse locale; d) programmi editoriali e radiotelevisivi; e) indagini e ricerche sui toponimi. 2. La Regione valorizza e promuove tutte le forme di espressione artistica del patrimonio storico linguistico quali il teatro tradizionale e moderno in lingua lombarda, la musica popolare lombarda, il teatro di marionette e burattini, la poesia, la prosa letteraria e il cinema. 3. La Regione promuove, anche in collaborazione con le università della Lombardia, gli istituti di ricerca, gli enti del sistema regionale e altri qualificati soggetti culturali pubblici e privati, la ricerca scientifica sul patrimonio linguistico storico della Lombardia, incentivando in particolare: a) tutte le attività necessarie a favorire la diffusione della lingua lombarda nella comunicazione contemporanea, anche attraverso l'inserimento di neologismi lessicali, l'armonizzazione e la codifica di un sistema di trascrizione; b) l'attività di archiviazione e digitalizzazione; c) la realizzazione, anche mediante concorsi e borse di studio, di opere e testi letterari, tecnici e scientifici, nonché la traduzione di testi in lingua lombarda e la loro diffusione in formato digitale.»
  130. ^ Sentenza Corte costituzionale italiana nr.170 del 2010 e Sentenza nr.81 del 2018

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Francesco Avolio, Lingue e dialetti d'Italia, 4ª ristampa, Roma, Carocci, 2015 [2009], ISBN 978-88-430-5203-5.

Classificazione proposta dall'UNESCO[modifica | modifica wikitesto]

  • Lexikon der Romanistischen Linguistik, Tübingen 1989.

Classificazione proposta dal SIL international[modifica | modifica wikitesto]

Classificazione proposta nelle università italiane[modifica | modifica wikitesto]

  • Ilaria Bonomi, Andrea Masini, Silvia Morgana, Mario Piotti, Elementi di Linguistica italiana, edizioni Carocci 2006.
  • P. Bruni (a cura di), Arbëreshë: cultura e civiltà di un popolo, 2004.
  • Arrigo Castellani, Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza, Roma, Salerno editrice, 1980.
  • Arrigo Castellani, Grammatica storica della lingua italiana, Bologna, Il Mulino, 2000.
  • Manlio Cortelazzo, Carla Marcato, Dizionario etimologico dei dialetti italiani, Torino, UTET, 1992.
  • Paolo d'Achille, Breve grammatica storica dell'italiano, Roma, Carocci, 2001.
  • Maurizio Dardano, Nuovo manualetto di linguistica italiana, Bologna, Editore Zanichelli, 2005.
  • Maurizio Dardano, Gianluca Frenguelli (a cura di), La sintassi dell'italiano antico, atti del convegno internazionale di studi (Università di "Roma tre", 18-21 settembre 2002), Roma, Aracne, 2004.
  • Tullio De Mauro, Storia linguistica dell'Italia Unita, Biblioteca universale Laterza 1983.
  • Corrado Grassi, Alberto Sobrero, Tullio Telmon, Introduzione alla dialettologia italiana, Roma-Bari, Laterza, 2003.
  • Karl Jaberg, Jakob Jud, Atlante linguistico ed etnografico dell'Italia e della Svizzera Italiana, Milano, Unicopli, 1987.
  • Loporcaro, Michele, Profilo linguistico dei dialetti italiani, Nuova edizione, Roma-Bari, Editori Laterza, 2009, ISBN 978-88-593-0006-9.
  • Marcato, Carla, Dialetto, Dialetti e Italiano, Bologna, Il Mulino, 2002.
  • Lorenzo Renzi, Alvise Andreose, Manuale di linguistica e filologia romanza, Bologna, Il Mulino, 2003 (prima edizione); 2015 nuova edizione aggiornata e riveduta.
  • Giuseppe Patota, Lineamenti di grammatica storica dell'italiano, Bologna, Il Mulino, 2002.
  • Posner, Rebecca, The Romance Languages, Cambridge, Cambridge University Press, 2004.
  • Schlosser, Rainer, Le Lingue Romanze, Bologna, Il Mulino, 2005.
  • Sobrero, Alberto A. e Miglietta, A., Introduzione alla linguistica italiana, Bari, Laterza, 2006.
  • Gerhard Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 1970.
  • Tagliavini, Carlo, Le origini delle lingue neolatine, Bologna, Pàtron, 1972.
  • Alberto Zamboni, I dialetti e le loro origini, in ItaDial (periodico specialistico), Bologna, Clueb.

Quarta classificazione proposta[modifica | modifica wikitesto]

  • Geoffrey Hull, "La lingua padanese: Corollario dell’unità dei dialetti reto-cisalpini". Etnie: Scienze politica e cultura dei popoli minoritari, 13 (1987), pp. 50–53; 14 (1988), pp. 66–70.
  • Geoffrey Hull, The Linguistic Unity of Northern Italy and Rhaetia: Historical Grammar of the Padanian Language, 2 volumi. Sydney: Beta Crucis, 2017.
  • Pierre Bec, Manuel pratique de philologie romane (II, 472), Editions Picard, 1971.
  • G.B. Pellegrini, Il cisalpino ed il retoromanzo, 1993.
  • G.B. Pellegrini, Delle varie accezioni ed estensioni di "ladino".

Altre opere[modifica | modifica wikitesto]

  • Maurizio Tani, La legislazione regionale in Italia in materia di tutela linguistica dal 1975 ad oggi, in LIDI-Lingue e Idiomi d'Italia (Lecce), I/1 (2006), pp. 115–158 */La_legislazione_regionale_in_Italia_in_materia_di_tutela_linguistica_dal_1975_ad_oggi Accademia.edu: La legislazione regionale in Italia in materia di tutela linguistica dal 1975 ad oggi
  • Carla Marcato, Dialetto, dialetti e italiano, Nuova edizione, Bologna, il Mulino, 2007, ISBN 978-88-15-11424-2.
  • Michele Loporcaro, Profilo linguistico dei dialetti italiani, Nuova edizione, Roma-Bari, Editori Laterza, 2013, ISBN 978-88-593-0006-9.
  • Daniele Bonamore, Lingue minoritarie Lingue nazionali Lingue ufficiali nella Legge 482/1999, Milano, Editore Franco Angeli, 2008.
  • Sergio Salvi, Le lingue tagliate - Storia delle minoranze linguistiche in Italia, Milano, Rizzoli Editore, 1975.
  • Tullio De Mauro, Storia linguistica dell'Italia unita, 1ª ed., Laterza [1963].
  • Gaetano Berruto, Massimo Cerruti, La linguistica. Un corso introduttivo, Utet, Torino, 2017
  • Fiorenzo Toso, Lingue d'Europa. La pluralità linguistica dei paesi europei fra passato e presente, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2006
  • Alberto Varvaro, Linguistica romanza. Corso introduttivo, Liguori Editore, Napoli, 2001

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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