Partito Socialista (Francia)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Parti Socialiste)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Partito Socialista
(FR) Parti Socialiste
SegretarioOlivier Faure
StatoBandiera della Francia Francia
Sede10, rue de Solférino, 75007 Parigi (1980-2018)
99, rue Molière, Ivry-sur-Seine (dal 2018)
Fondazione4 maggio 1969
Derivato daSezione Francese dell'Internazionale Operaia
IdeologiaSocialdemocrazia[1][2][3][4][5][6]
Socialismo liberale[1]
Liberalismo sociale[7][8]
Progressismo[9][10]
Terza via
In precedenza
Socialismo
Marxismo revisionista
Socialismo democratico
Riformismo
Socialismo progressista
Possibilismo
CollocazioneCentro-sinistra
In precedenza
Sinistra
CoalizioneNUPES (dal 2022)
Partito europeoPartito del Socialismo Europeo
Gruppo parl. europeoAlleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici
Affiliazione internazionaleInternazionale Socialista
Alleanza Progressista
Seggi Assemblea nazionale
27 / 577
(2022)
Seggi Senato
65 / 348
Seggi Europarlamento
3 / 79
(2019)
Seggi
538 / 1 880
Iscritti20.000[11]
ColoriRosa
Sito webwww.parti-socialiste.fr/

Il Partito Socialista (in francese Parti Socialiste, PS) è un partito politico francese.

Il PS è un partito social-democratico e democratico molto legato ai valori del repubblicanesimo francese. Propone un sistema "economico misto", uno Stato aconfessionale marcatamente laico, un sistema istituzionale accentrato e poco federale.

Il PS è stato fondato nel 1969 dalla fusione tra la Sezione Francese dell'Internazionale Operaia e alcuni movimenti socialisti (quali l'Unione dei Club per il Rinnovamento della Sinistra e l'Unione dei Gruppi e Club Socialisti).

Ha subito diverse scissioni tra cui la più recente del Partito di Sinistra (Fronte di Sinistra, oggi La France Insoumise).

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Dal 1889 al 1914: L'unificazione del socialismo[modifica | modifica wikitesto]

Il socialismo era stato presente in Francia fin dalla fine del XIX secolo. Nel 1889, infatti, si svolse a Parigi l'Internazionale Socialista. In quegli anni, del resto, erano presenti in Francia vari movimenti di ispirazione socialista: la Federazione dei lavoratori socialisti (detta Partito possibilista), il Partito Operaio (filomarxista) ed il Partito operaio socialista rivoluzionario. Questi ultimi due partiti confluiranno nel 1901 nel Partito Socialista di Francia (PRDG), i socialisti indipendenti, i brussisti e gli allemanisti diedero vita al Partito Socialista Francese (PSF). Nel 1905, spronati dall'Internazionale socialista, il PRDG ed il PSF diedero vita alla Sezione Francese dell'Internazionale Operaia (SFIO).

Dopo diversi successi elettorali all'inizio Novecento, la SFIO perse molto credito all'alba della prima guerra mondiale. Infatti il suo leader storico Jean Jaurès, risolutamente pacifista, fu assassinato da un nazionalista, e la SFIO decise di sostenere il governo di "unità nazionale" costituito durante la guerra.

Dal 1914 al 1945: La SFIO tra le due guerre[modifica | modifica wikitesto]

La SFIO partecipò al governo di unità nazionale prima di uscirne verso la fine della guerra. Alle elezioni politiche del 1919 la destra ottenne una maggioranza schiacciante e la SFIO fu severamente battuta.

Nel 1920, influenzata dagli eventi della Rivoluzione russa, la componente che aveva aderito all'Internazionale Comunista, quella marxista intransigente e fautrice del "Centralismo democratico", diede vita alla Sezione Francese dell'Internazionale Comunista (Section Française de l'Internationale Communiste), poi Partito Comunista Francese.

Nel 1924 la SFIO partecipò alle elezioni politiche con il "Cartello di Sinistra" (Cartel des gauches), che raccoglieva altri tre gruppi: radicali moderati, radicali socialisti, repubblicani socialisti. Il centro-destra si presentò nel Blocco nazionale, in chiave antisocialista. Il Blocco era formato da Alleanza Democratica, partito conservatore e maggior partito francese, Federazione Repubblicana, cristiano-nazionalista, Azione Liberale, cattolico-liberale, Nazionalisti e Radicali di destra. Alle elezioni, il Cartello ottenne il 48,3% dei voti, contro il 51% del Blocco, che, però, si ritrovò minoranza a causa di alcune divisioni nel collegi periferici. Il governo della sinistra, con i pochi deputati comunisti eletti all'opposizione, durò appena due anni, sostituito da un governo sostenuto dai partiti conservatori e quelli radicali (i radicali saranno per tutta la Terza Repubblica la principale formazione politica), con i socialisti ed i comunisti all'opposizione. Alle politiche del 1928, lo SFIO prese nuovamente parte al Cartello, ma questa volta il Blocco ebbe la maggioranza assoluta dei seggi. Alle elezioni del 1932, si ripropose il Cartello, ma i socialisti si videro rifiutare le proprie proposte, e decisero di dare un sostegno esterno a governi composti da radicali e "moderati".

Il 1935 segna, dopo l'avanzata della destra filofascista nelle manifestazioni di piazza del 1934, la nascita del Fronte popolare che raccolse radicali, socialisti e comunisti. Alle elezioni del 1936, il Fronte ebbe la meglio sui partiti moderati e su quelli conservatori e Léon Blum, capofila dei socialisti, fu nominato primo ministro. Il governo Blum, nonostante le importanti riforme sociali dei primi anni di governo, fu costretto ad abbandonare il proprio incarico nel 1938. Non mancarono le divisioni interne allo SFIO dopo la caduta del governo Blum. Nello stesso 1938 parte della sinistra del partito diede vita al Partito Socialista Operaio e Contadino (PSOP), che si posizionò tra lo SFIO, considerato troppo riformista, ed il PCF, considerato troppo statalista. La vita della nuova formazione politica durò, però, appena due anni. Nel 1940, il PSOP, infatti, si sciolse e molti dei suoi membri passarono allo SFIO o ai comunisti. Lo SFIO nel frattempo, come un po' tutte le formazioni politiche in quegli anni, si vide diviso circa il modo di rapportarsi con la Germania nazista e l'Italia fascista dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale; alcuni, infatti, sostenevano, anche dopo l'invasione della Cecoslovacchia, una linea pacifista, altri, maggioritari e guidati da Blum, scelsero la linea della fermezza.

La seconda guerra mondiale vide durante l'occupazione nazista l'impegno dei socialisti, come di quasi tutti i partiti francesi, nella lotta di resistenza. I socialisti costituirono il secondo gruppo, dopo i comunisti, per numero di partigiani. Il partito, sciolto con la nascita del governo di Vichy, fu ricostruito nel 1943.

Dal 1945 al 1958: La quarta repubblica[modifica | modifica wikitesto]

Alla fine del conflitto mondiale lo SFIO prese parte insieme al Movimento Repubblicano Popolare (cristiano - sociali) ed al PCF al governo di unità nazionale del conservatore moderato de Gaulle. Nel 1946 il socialista Félix Gouin succedette a de Gaulle alla guida del governo. Alle politiche del 1946, però, la SFIO venne superata dal PCF (26 contro 24%). Guy Mollet, allora, giunse alla guida del partito sostenendo una posizione di fedeltà alla tradizione marxista e di collaborazione con il PCF. Blum ed i socialisti che avevano incarichi di governo, mantennero, invece, intatta la propria politica di "medietà" tra il modello statunitense e quello sovietico, dando la propria disponibilità alla nascita di un mercato comune europeo (la futura Unione europea).

In questi anni lo SFIO preferì collaborare con le "terze forze" (radicali di sinistra e MRP) cercando di dar vita a governi che escludessero conservatori e comunisti. Nel 1956 il governo di Guy Mollet si trovò impantanato nella Guerra d'Algeria, che aprì le porte, nel 1958, alla presa del potere da parte del generale De Gaulle e alla nascita della V Repubblica.

Dal 1958 al 1969: Scissioni ed unificazioni[modifica | modifica wikitesto]

Il decennio tra il 1958 ed il 1970 segna un periodo di profonde divisioni in seno allo SFIO. Molti socialisti, considerando l'azione di De Gaulle un colpo di Stato pretesero un'azione più incisiva del partito, che non ci fu.

Edouard Depreux abbandonò il partito fondando il Partito Socialista Autonomista, che nel 1960 si fuse con l'Unione della sinistra socialista (cristiani marxisti) e con la Tribuna del Comunismo (trotskisti) e diede vita al Partito Socialista Unificato. Il PSU manterrà la propria autonomia organizzativa fino al 1989, quando si sciolse ed i suoi militanti confluirono nelle formazioni della sinistra trotskista ed alternativa. Alain Savary, che aveva aderito al PSA, abbandonò questo prima della nascita del PSU e diede vita all'Unione dei club per il rinnovamento della sinistra (UCRG). Jean Poperen, invece, inizialmente membro della Tribuna del Comunismo, pur aderendo al nuovo PSU lo abbandonò nel 1967 dando vita all'Unione dei gruppi e club socialisti (UGCS). Nel 1964, François Mitterrand, membro dello SFIO, diede vita alla Convenzione delle istituzioni repubblicane (Convention des institutions républicaines, CIR), di ispirazione repubblicana e socialista.

Nello stesso anno nacque, però, la Federazione della Sinistra Democratica e Socialista (FGDS) (SFIO, CIR e Radicali di sinistra), che aveva lo scopo di proporre una candidatura unitaria della sinistra non comunista alle presidenziali del 1965. Mitterrand venne scelto come candidato unitario e riuscì, con il 32% dei consensi, nella sorpresa generale, a portare al ballottaggio il generale de Gaulle, anche se poi fu battuto al secondo turno con un onorevole 45% dei voti. Alle elezioni legislative del 1967, continuò l'esperienza della FGDS che, allargata all'UGCS, ottenne il 46%, superando, così, i gollisti ed i loro alleati.

Il movimento giovanile del "1968" non fu subito compreso dai partiti della FGDS, tanto che alle presidenziali del dopo-De Gaulle, il tandem socialista formato da Gaston Defferre e Pierre Mendès France ottenne appena il 5% dei voti, poco sopra Michel Rocard del PSU che ottenne il 3,6%. Jacques Duclos del PCF ottenne il 21,5% dei voti e Alain Poher del Centro democratico (MRP e radicali) il 23,4%. Le elezioni furono vinte al ballottaggio da Georges Pompidou dell'Unione dei Democratici per la Repubblica (centro-destra), che ebbe la meglio sul centrista Poher. Tutto ciò accelerò il processo di unificazione del variegato modo socialista, tanto che lo SFIO decise di fondersi con l'URCG e l'UCGS.

Dal 1969 al 1981: La rinascita del Partito Socialista[modifica | modifica wikitesto]

François Mitterrand

Il 1969 è comunemente considerato l'anno di fondazione del PS, anche se nel 1971 il partito cambiò il proprio nome in Partito Socialista e nel congresso di Epinay si fuse con il CIR di Mitterrand, che divenne segretario del partito ed ebbe il mandato di stabilire una strategia di collaborazione col PCF[12]. Nel 1974 il PS sfiorò la vittoria delle presidenziali con François Mitterrand come suo candidato, che ottenne 49,2% dei voti contro il rinnovatore di centrodestra Valéry Giscard d'Estaing.

Il PCF ruppe gli accordi nel 1978. Lo stesso anno, i due partiti vennero sconfitti alle elezioni politiche dalla maggioranza conservatrice di Giscard, ma si definì la leadership del PS all'interno della sinistra francese. Nel 1979 prevalse la linea di Mitterrand, anticapitalista e unitaria nei confronti del PCF, contro quella di Michel Rocard, più riformista e moderata.

Dal 1981 al 2002: Il PS al governo[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1981 Mitterrand fu eletto presidente e il Ps vinse le elezioni politiche, mettendo fine a 23 anni di dominazione della destra. Segretario del Partito divenne Lionel Jospin, mentre Pierre Mauroy divenne capo di un governo con quattro ministri comunisti. Il governo socialista disegnò un ambizioso e innovativo programma economico-sociale, ma fu ostacolato dalla pesante crisi finanziaria ed economica iniziata negli anni settanta. Tuttavia il governo delle sinistre realizzò importanti riforme, come quella che aboliva definitivamente la pena di morte. A partire dal 1983 il governo Mauroy dovette cambiare completamente la sua politica per una gestione più rigorosa delle spese pubbliche, provocando le dimissioni dei ministri comunisti e la fine del sostegno del PCF al governo. In seguito, il PS subì numerose sconfitte elettorali consecutive, che provocarono nel 1984 le dimissioni di Pierre Mauroy, sostituito da Laurent Fabius, che divenne il più giovane primo ministro.

L'aggravarsi della crisi economica e della disoccupazione provocò come previsto da tempo la sconfitta del Partito Socialista e la vittoria dei partiti di centrodestra Unione per la Democrazia Francese (UDF, liberale) e Raggruppamento per la Repubblica (RPR, post-gollista), alle elezioni politiche del 1986. In conseguenza, Mitterrand nominò il presidente dell'RPR Jacques Chirac primo ministro. Tuttavia, la politica economica di Chirac (privatizzazioni, abbassamento delle tasse) non impedì l'aggravamento della situazione economica e il governo fu confrontato anche a notevoli manifestazioni contro una riforma del sistema scolastico, e anche a una grave situazione in Nuova Caledonia.

Nel 1988 Mitterrand fu rieletto presidente col 54 % dei voti contro Jacques Chirac e il PS ottenne una maggioranza relativa alle elezioni politiche tenutesi poco dopo. Con un programma più moderato rispetto a quello del 1981, Mitterrand decise di promuovere una politica di "apertura" a centristi e personalità senza partito. Il simbolo di questa apertura fu la nomina di Michel Rocard come primo ministro. Costui, benché socialista, rappresentava infatti l'opposizione storica a Mitterrand e una corrente più moderata del PS. Nel 1990, il PS subì la scissione del Movimento dei cittadini (oggi Movimento Repubblicano e Cittadino) di Jean-Pierre Chevènement, che si oppose all'intervento militare in Iraq e ai tentativi di decentramento amministrativo. Malgrado i buoni risultati di Rocard in materia economica, costui venne dimesso da Mitterrand nel 1991 e sostituito da Édith Cresson, che divenne l'unica donna primo ministro.

L'inizio degli anni novanta videro il PS attraversato da gravi tensioni. L'immagine del partito era ormai danneggiata dalla corruzione che aveva colpito sia la Presidenza della Repubblica che il Governo[13]. Pierre Bérégovoy, che nel 1992 sostituì Édith Cresson diventata molto impopolare, ingiustamente accusato di corruzione, si suicidò il primo maggio 1993, poco dopo le sue dimissioni.

Il 1993 per il PS fu un anno drammatico. Il centrodestra vinse le legislative, il PS passò da 258 a soli 54 seggi, e il suo risultato elettorale passò dal 34% al 17%, minimo storico. Mitterrand nominò primo ministro il conservatore Édouard Balladur e difatti non ebbe più da questo momento nessun ruolo politico. Per le elezioni presidenziali del 1995 divenne candidato del PS Lionel Jospin, che inaspettatamente riuscì a arrivare per primo al primo turno, sorpassando i due candidati del centrodestra Jacques Chirac e Édouard Balladur. Al secondo turno, Jospin fu sconfitto da Chirac con 47% dei voti.

Jospin, eletto segretario, riaprì la collaborazione con comunisti, verdi e radicali di sinistra formando la cosiddetta "Sinistra plurale". Nel 1997, la Sinistra Plurale conquistò il 45% dei voti (di cui 24% per il PS) e 319 seggi (250 per il PS). Jospin divenne dunque Primo Ministro di un governo sostenuto anche dal PCF (36 seggi) e dal gruppo "Radicali, Cittadini e Verdi" (33 seggi). François Hollande si avvicendò alla guida del partito. Il governo di Jospin realizzò riforme ambiziose tra le quali la settimana di 35 ore, il PACS o la Copertura Sanitaria Universale. I risultati economici furono eccellenti, e la disoccupazione arrivò a un minimo storico.

Dal 2002 a 2007: Sconfitta e incoerenze[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante i successi della "Sinistra plurale" in materia economica e sociale il PS uscì indebolito dalle divisioni che avevano attraversato la compagine di governo. Alle presidenziali del 2002, il PS candidò Jospin. La "Sinistra plurale" non si presentò, però, unita. Il primo turno delle presidenziali dimostrò un'estrema frammentazione del panorama politico francese. Si presentarono 16 candidati, nessun dei quali raggiunse il 20% dei suffragi. Jacques Chirac, sostenuto dai partiti che avrebbero dato vita all'Unione per un Movimento Popolare, ottenne il 19,88% dei voti, secondo arrivò a sorpresa il nazionalista Le Pen (Fronte nazionale) (16,8%), che superò di appena lo 0,7% proprio Jospin. Gli altri candidati della sinistra raccolsero il 28,5% dei voti: Arlette Laguiller (Lotta operaia, trotskisti) 5,72%; Jean-Pierre Chevènement (MRC, ed ex socialista) 5,33%; Noël Mamère (Verdi) 5,25%; Olivier Besancenot (Lega Comunista Rivoluzionaria, trotskisti) 4,25%; Robert Hue (PCF) 3,37%; Christiane Taubira (PRG) 2,23%; Corinne Lepage (ecologisti) 1,88%; Daniel Gluckstein (Partito dei Lavoratori, filotrotskisti) 0,47%. Anche volendo escludere i vari candidati trotskisti, la sola "Sinistra plurale" avrebbe raccolto, se unita, il 34,7% dei voti, portando il proprio candidato al primo posto. Va considerato che Le Pen venne anche penalizzato dalla presenza di Bruno Mégret, ex portavoce del Fronte Nazionale, che raccolse il 2.34% dei voti.

Le presidenziali evidenziarono che l'estrema destra poteva contare sul 18% dei voti, il centro-destra (futura UMP, tradizionalisti, repubblicani sociali, democratici liberali) sul 29%, il centro (UDF) sul 7%, il centro-sinistra sul 34%, l'estrema sinistra sul 10,4%. Al ballottaggio tutti candidati esclusi, ad eccezione della Laguiller e di Gluckstein, chiesero di votare per Chirac, pur di non far prevalere Le Pen. Il risultato fu una vittoria di Chirac che raccolse l'82% dei voti, il risultato più alto di tutte le elezioni presidenziali.

Le elezioni legislative dello stesso anno peggiorarono ulteriormente la situazione per la sinistra. Il voto "presidenziale" alla sinistra trotskista si vaporizzò (dal 10,4% al 2,5%); Radicali e Verdi ottennero il 7% (-2% rispetto alle precedenti legislative); il PCF si attestò sul 4,8% (-5%). Solo il Partito Socialista mantenne inalterata la propria percentuale di voti (24%). La "Sinistra plurale" poté contare 36% dei voti, contro il 33% dei voti che da solo raccolse l'UMP. In termini di seggi, il PS ne ottenne 142 perdendone 100, calo corrispondente solo a quello dei centristi dell'UDF, che persero 91 seggi, ma che aveva subito una consistente scissione (Democrazia liberale, Partito radicale, Partito Popolare per la Democrazia Francese) verso l'UMP. Il Fronte Nazionale si attestò sull'11% (-3%), non eleggendo alcun deputato. La sinistra francese, nel giro di pochi mesi, perse due competizioni elettorali, ottenendo il duplice risultato di vedere confermare un Presidente della Repubblica particolarmente impopolare e perdere il governo del Paese.

Alle elezioni europee del 2004, il PS ha recuperato consensi giungendo al 29% dei voti. Fortemente penalizzata è stata l'UMP che ha conquistato appena il 17% contro il 33% delle politiche. Il calo dei conservatori è stato determinato dal buon risultato dell'UDF che è salita al 12% (+7,2%), perché si è posta come l'unico partito decisamente europeista. I conservatori hanno perso consensi anche a vantaggio di formazioni minori di destra, presentatesi, invece, come decisamente euro-scettiche. Tre mesi prima, alle regionali del 2004, la sinistra, ritrovata un'unità d'intenti, riuscì a prevalere in 20 regioni su 22. In una di queste ultime, l'Alsazia, del resto essendo in vigore un sistema elettorale proporzionale a due turni col premio di maggioranza, il PS sostiene dall'esterno il governo a guida UDF.

IL PS, nel 2005, in vista del Referendum confermativo della Convenzione europea, si divise in due tronconi: uno, guidato dal segretario Hollande, favorevole al trattato, l'altro, guidato da Fabius ed Emmanuelli, decisamente contrario. Benché il Si fu maggioritario all'interno del partito, la vittoria del No al Referendum mise in crisi la dirigenza del PS, che si dimostrò per l'ennesima volta incapace di ridurre le fratture interne, puntualmente confermate dalle numerose candidature alle primarie interne al partito per la scelta del candidato socialista alle presidenziali del 2007. Le primarie vennero vinte dall'ex ministro, nonché moglie del segretario Hollande, Ségolène Royal. La Royal prevalse sul moderato Dominique Strauss-Kahn ed il radicale Laurent Fabius, con oltre il 60% dei consensi.

Dal 2007 al 2008: Il PS alla ricerca di un'identità[modifica | modifica wikitesto]

La Royal condusse una campagna elettorale particolarmente mediatica. L'UMP candidò il ministro degli interni Sarkozy, che non faceva mistero di porsi come un gaullista conservatore. L'UDF ripresentò il proprio segretario Bayrou, mente FN ricandidò Le Pen. La sinistra comunista ed ecologista si presentò con sei candidati, anche se questa scelta alle presidenziali precedenti aveva favorito l'ingresso al ballottaggio di Le Pen. Al primo turno prevalsero Sarkozy (31,18%) e la Royal (25,87%). Le Pen si fermò al 10,44%, con un calo, rispetto alle presidenziali precedenti, del 6,2%. Vera sorpresa fu il candidato dell'UDF, il centrista Bayrou, che conquistò il 18,5% dei voti. La sinistra estrema (trotskisti, comunisti ed ecologisti) ottenne il 10% dei consensi e garantì il proprio sostegno alla candidata socialista. Altrettanto fecero i candidati tradizionalisti Nihous e De Villiers (in tutto 3,3%) verso Sarkozy. Decisivi risultarono i voti dei nazionalisti e dei moderati. Nonostante Le Pen non si fosse schierato con Sarkozy i sondaggi mostravano come il 67% dell'elettorato nazionalista avrebbe sicuramente scelto il candidato conservatore. Alla Royal non rimase che cercare di conquistare i voti centristi, tanto da accettare un insolito confronto televisivo con Bayrou. Il candidato centrista disse che non avrebbe votato per il candidato conservatore, pur non invitando esplicitamente a votare per la socialista. Nonostante i tentativi della Royal, al secondo turno prevalse Sarkozy, con il 53% dei consensi.

Il risultato delle presidenziali palesavano la difficoltà per i socialisti di conquistare il voto centrista, necessario per vincere. Alcuni esponenti della destra socialista come Rocard, ex primo ministro, proposero, pertanto, di ripensare l'esperienza del PS e di aprirsi ad un'alleanza con i centristi di Bayrou.

Alle elezioni politiche del 2007, il PS ha visto incrementare i propri consensi di appena lo 0,6%, giungendo, così, al 24,7%. Ciò nonostante i socialisti sono passati da 141 a 186 seggi, ben 45 in più. Il centrosinistra francese nel suo complesso (PS, comunisti, verdi, radicali di sinistra, indipendenti di sinistra) ha raggiunto 241 seggi, contro 178 precedenti. Il dato è stato particolarmente significativo vista la netta vittoria di Sarkozy alle elezioni presidenziali.

Il PS ha vinto le elezioni municipali di marzo 2008, conquistando numerose città grandi e medie, probabilmente a causa di un voto di protesta contro Sarkozy divenuto presto impopolare (soltanto 36% di opinioni favorevoli a febbraio 2008 secondo i sondaggi). Significativa è stata la rielezione trionfale a Parigi del socialista Bertrand Delanoë. Questa vittoria fa di Delanoë un candidato potenziale per l'elezione presidenziale del 2012.

Il congresso di Reims: Aubry segretaria e la scissione del Partito della Sinistra[modifica | modifica wikitesto]

Il 6 novembre 2008 gli aderenti del partito votarono per le diverse mozioni per il Congresso di Reims, ognuna delle quali presentava un candidato alla funzione di primo segretario del partito. I risultati sono stati i seguenti:
Mozione E (Ségolène Royal): 37 941 voti (29,1%)
Mozione A (Bertrand Delanoë): 32 942 voti (25,2%)
Mozione D (Martine Aubry): 31 734 voti (24,3%)
Mozione C (Benoît Hamon): 24 162 voti (18,5%)
La partecipazione è stata del 56,6%.

I risultati del voto mostrarono la profonda divisione degli aderenti socialisti. Rilevante fu il buon risultato del giovane Benoît Hamon, principale rappresentante della sinistra del partito. Ma il risultato più inaspettato fu la sconfitta di Delanoë, sorpassato con quattro punti di vantaggio di Royal, contraddicendo tutti i sondaggi che predicevano la sua vittoria. Dopo giorni di dibattiti i delegati eletti di ogni mozione non trovarono nessun compromesso per eleggere un primo segretario, lasciando così la scelta alla successiva votazione degli aderenti a due turni. Delanoë, deluso dal suo pessimo risultato, decise di ritirarsi e finì coll'appoggiare Aubry. Rimasero quindi per l'elezione Hamon, Aubry e Royal. I risultati furono:

Candidati Primo turno Secondo turno Risultati ufficiali
Martine Aubry 34,5% 50,02% 50,04%
Ségolène Royal 42,9% 49,98% 49,96%
Benoît Hamon 22,6% eliminato

Al seguito del primo turno, Royal acquisì un solido vantaggio di 8 punti rispetto ad Aubry. Tuttavia Benoît Hamon, eliminato, chiese ai suoi elettori di votare "massicciamente" per Martine Aubry.
Il secondo turno fu un evento drammatico: dopo essere stata annunciata vincitrice con più di dieci punti di vantaggio, Ségolène Royal fini col perdere l'elezione con soltanto 42 voti di meno della sua rivale. Alcuni sostenitori di Royal, come Manuel Valls, non esitarono a lanciare accuse di frode contro la fazione Aubry. Il giorno stesso, il Consiglio Nazionale del PS decise di organizzare un riconteggio di tutti i voti.
Il 25 novembre il consiglio nazionale del partito ratificò i risultati della votazione, nominando segretario Martine Aubry, che dopo i riconteggi aveva un vantaggio di 102 voti.

La vittoria di misura della Aubry spinse alcuni esponenti della sinistra del partito (2 deputati e 2 senatori), guidati da Jean-Luc Mélenchon, ad abbandonare il PS, visto come troppo moderato dopo il risultato conseguito dalla Royal, e a fondare il Partito della Sinistra.

Dal 2011 al 2012: il ritorno del PS alla presidenza della Repubblica[modifica | modifica wikitesto]

Nell'ottobre 2011 i socialisti scelgono il candidato alla Presidenza della Repubblica tramite primarie, tra i concorrenti figurano Francois Hollande (ex segretario del partito), Martine Aubry (segretaria del partito) e Segolene Royal (candidata alla presidenza nel 2007). Al primo turno prevale Hollande con il 39% dei voti seguito da Martine Aubry con il 31%, terzo Arnaud Montebourg con il 17%, poi Segolene Royal con il 7% dei consensi, Manuel Valls 5% e Jean-Michel Baylet 1%. Il 16 ottobre 2011 al ballottaggio tra Hollande e Aubry vince il primo con il 56% dei consensi contro il 44% ottenuto dal segretario Aubry.

Il 22 aprile 2012 si svolge il primo turno delle Elezioni presidenziali in Francia del 2012 e Francois Hollande arriva in testa con il 28,6% seguito dal presidente uscente Nicolas Sarkozy che raccoglie il 27,1% (è la prima volta che il presidente uscente viene battuto al primo turno), Hollande consegue il secondo miglior risultato di sempre per il partito socialista. Al secondo turno affronta Nicolas Sarkozy, che si svolge il 6 maggio: Francois Hollande viene eletto ventiquattresimo Presidente della Repubblica francese (il settimo della Quinta Repubblica) con il 51,6% dei voti e riporta i socialisti al potere dopo 17 anni (l'ultimo presidente socialista era stato François Mitterrand).

Il congresso di Tolosa e le segreterie Désir e Cambadélis[modifica | modifica wikitesto]

La sede del partito, rue de Solférino (Parigi)

Il 12 settembre 2012 Harlem Désir è designato primo firmatario della mozione congressuale "Mobilitare i francesi per il cambiamento di successo", sostenuto dal segretario uscente Martine Aubry e dal primo ministro in carica Jean-Marc Ayrault; il 18 ottobre 2012 Harlem Désir è eletto primo segretario del Partito Socialista ottenendo il 72,5% dei voti contro il 27,4% di Emmanuel Maurel. Entra in carica ufficialmente il 28 ottobre 2012 alla conferenza nazionale di Tolosa. Dopo la sua nomina come sottosegretario di Stato agli Affari europei nel primo governo Valls, Désir ha rassegnato le dimissioni da segretario e il 15 aprile 2014 il Consiglio nazionale del partito ha eletto al suo posto Jean-Christophe Cambadélis[14].

La crisi del 2017[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la presidenza Hollande, il partito, che ha subito anche una scissione guidata dal futuro presidente della repubblica Emmanuel Macron, ha avuto un fortissimo ridimensionamento alle elezioni presidenziali francesi del 2017, in cui i voti del candidato Benoît Hamon sono scesi al 6,44% e poco più di 2 milioni di voti, minimo storico dal 1969 che ha fatto parlare molti di "fine del Partito Socialista" e "partito morto". Il crollo elettorale si è ripetuto poco dopo alle elezioni politiche, dove il PS ottiene il 7,4% al primo turno e il 5,7% al secondo e perde 250 seggi, riducendosi a 31. Molti storici membri, come Manuel Valls e lo stesso Hamon, hanno abbandonato il PS.[15] A settembre, il partito in crisi finanziaria, decide di vendere la storica sede in Rue de Solférino per 55 milioni di euro.

Il Congresso di Aubervilliers del 2018[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2018 si sono tenute le primarie per l'elezione del nuovo segretario. Oliver Faure, leader del gruppo socialista nell'assemblea nazionale, ha ottenuto 48,37% dei voti dei 37.991 elettori che hanno votato al primo turno, il 15 marzo, Stéphane Le Foll il 26.45%, Emmanuel Maurel il 18.80% e Luca Carvounas il 6,38%. Al secondo turno, il 29 marzo, dopo il ritiro di Le Foll, Faure ha ottenuto l'86% dei voti[16]. Sabato 7 aprile 2018, Oliver Faure è stato investito ufficialmente come capo del Partito Socialista.

I giovani socialisti (Mouvement Des Jeunes Socialistes) hanno votato all'unanimità al Congresso di Parigi per "l'indipendenza del loro movimento e di lasciare il Partito Socialista". Hanno poi esortato "il PS a rispettare la loro scelta libera e autonoma". La Presidente del MJS, Roxane Lundy, ha annunciato due settimane dopo il loro desiderio di unirsi a Génération.s , il movimento lanciato da Benoît Hamon[17]. La decisione viene però smentita dalla dirigenza del MJS e del PS, che hanno confermato l'affiliazione al Partito Socialista.[18]

Nel giugno 2018 il Partito Socialista vende la sua storica sede parigina in rue de Solférino 10 e stabilisce la nuova sede in rue Molière 99, a Ivry-sur-Seine.[19]

Alle elezioni presidenziali in Francia del 2022 candida la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, che al primo turno del 10 aprile ottiene solo l'1,75% dei voti.

Il manifesto del partito[modifica | modifica wikitesto]

Articolo 1[modifica | modifica wikitesto]

«Il partito socialista si dà come obiettivo d'emergere, per via democratica, da una società che risponde alle aspirazioni fondamentali della persona umana così come definite nei secoli di lotte per il progresso e che oggi sono espressi da tutti i popoli: la libertà, l'eguaglianza, la dignità degli uomini e delle donne, il benessere, la responsabilità e la solidarietà. Partito di massa, mette il riformismo al servizio delle speranze rivoluzionarie. S'iscrive così nell'evoluzione storica del socialismo democratico. Oggi che la scienza e la tecnica aprono dei nuovi spazi di libertà e creatività ma possono anche distruggere o stravolgere tutte le forme di vita, il Partito socialista si adopera perché queste siano a beneficio degli uomini e delle donne.»

Articolo 2[modifica | modifica wikitesto]

«Il Partito socialista è un partito di trasformazione sociale. Il fallimento delle società burocratiche non fa dimenticare che il capitalismo crea ineguaglianze, accentua i disequilibri mondiali, sfrutta le ricchezze del terzo mondo e fonda in numerosi paesi la disoccupazione e l'esclusione. Il Partito socialista è dunque favorevole a una società ad economia mista che, senza disconoscere le regole di mercato, fornisca al settore pubblico e agli attori sociali i mezzi per realizzare obiettivi conformi all'interesse generale. Agisce per il suo superamento per le nuove forme d'organizzazione economica e sociale dando ai salariati una vera cittadinanza nelle imprese. Nei settori chiave che determinano la formazione dei cittadini (la scuola, l'università, la televisione), le condizioni di vita (alloggi, sanità, ambiente), non accetta che le logiche di mercato siano le sole determinanti. Un servizio pubblico forte, la gestione del territorio, la pianificazione, la politica fiscale e di budget devono permettere democraticamente ai cittadini di affrontare le grandi priorità nazionali.»

Articolo 3[modifica | modifica wikitesto]

«Il Partito socialista è un partito democratico. Fonda il suo agire ed il suo progetto sul rispetto dei diritti dell'uomo e del cittadino nel quadro dello stato di diritto fondato sul suffragio universale ed il pluralismo. Afferma che tutte le libertà sono legate: il loro pieno esercizio, sul piano politico, economico, sociale, culturale, è la condizione di sviluppo e di approfondimento della democrazia. Il Partito socialista ha in effetti coscienza del limite dei diritti quando questi non vengono accompagnati dalle condizioni concrete adatte a permetterne la realizzazione. La storia ha decretato: la lotta per la libertà è indissolubile da quella per l'uguaglianza.»

Articolo 4[modifica | modifica wikitesto]

«Il Partito socialista è un partito ancorato nel mondo del lavoro. Le mutazioni incessanti e profonde della società contemporanee non hanno eliminato l'opposizione tra le classi ed i gruppi sociali. Questo è il motivo perché seppure i socialisti partecipano alla lotta per il progresso di tutta la società, sono particolarmente attenti ed interessati ai salariati e allo sviluppo di tutte le loro capacità d'agire.»

Articolo 5[modifica | modifica wikitesto]

«Il Partito socialista è fortemente attaccato alla libertà di coscienza e alla laicità dello stato e della scuola. Crede che l'accesso all'informazione ed alla cultura è una condizione essenziale della democrazia. È per questo che l'indipendenza della creatività e della comunicazione dal potere politico e finanziario è indispensabile. Afferma l'eguaglianza di tutti i cittadini e rifiuta tutte le misure di discriminazione fondate sul sesso, la razza, le convinzioni filosofiche o religiose, le scelte di vita personali. Si dà come vocazione di favorire l'integrazione e l'adesione ai valori della Repubblica di tutti quelli che risiedono sul nostro suolo. I socialisti considerano come importanti vincite i diritti e le libertà conquistati dalle donne. Contribuisce per lottare per eliminare le discriminazioni che subiscono. Il nostro partito mette in opera attraverso il suo statuto, e all'interno delle strutture e nelle sue pratiche, un'eguaglianza sempre più reale tra i nostri aderenti e aderenti [voce declinata al femminile].»

Articolo 6[modifica | modifica wikitesto]

«Poiché non vi sono uomini e donne libere in una nazione asservita alla soggettività, poiché tutti i più grandi problemi sono diventati mondiali, l'azione del Partito socialista s'iscrive nel quadro nazionale ed internazionale. Nell'ordine internazionale, il Partito socialista condanna tutte le forme di sfruttamento di un popolo da parte d'un altro e sostiene il diritto dei popoli all'autodeterminazione, lotta per lo sviluppo economico rispettoso dell'ambiente e degli equilibri naturali ed il pianeta. Il Partito socialista fa la scelta dell'Europa per dare alle nazioni che la compongono i modi di affrontare i problemi dell'avvenire. L'Unione Europea, a condizione ch'essa non si riduca a un semplice mercato, ne sarà un elemento motore. I socialisti cercano di accelerare la costruzione dell'Europa in tutte le sue dimensioni: politica, economica e sociale. Partito di pace, il Partito socialista ha sempre lottato contro la logica dei blocchi, apre all'instaurazione di un nuovo rapporto mondiale, agisce per lo sviluppo del terzo mondo, per un disarmo equilibrato generale.»

Fazioni[modifica | modifica wikitesto]

Le fazioni sono organizzate nel partito attraverso dichiarazioni politiche chiamate mozioni sulle quali i membri del partito votano ad ogni Congresso:

Segretari[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Primo segretario del Partito Socialista (Francia).

Scissioni[modifica | modifica wikitesto]

Risultati elettorali[modifica | modifica wikitesto]

Elezioni presidenziali[modifica | modifica wikitesto]

Anno Candidato

supportato

1º Turno 2º Turno
Voti % Voti %
1974 François Mitterrand 11.044.373 43,3 (1.º) 12.971.604 49,2 (2.º)
1981 François Mitterrand 7.505.960 25,9 (2.º) 15.708.262 51,8 (1.º)
1988 François Mitterrand 10.367.220 34,1 (1.º) 16.704.279 54,0 (1.º)
1995 Lionel Jospin 7.097.786 23,3 (1.º) 14.180.644 47,4 (2.º)
2002 Lionel Jospin 4.610.113 16,2 (3.º)
2007 Ségolène Royal 9.500.112 25,9 (2.º) 16.790.440 46,9 (2.º)
2012 François Hollande 10.272.705 28,6 (1.º) 18.000.668 51,6 (1.º)
2017 Benoît Hamon 2.291.288 6,4 (5.º)
2022 Anne Hidalgo 616.478 1,8 (10.°)

Elezioni legislative[modifica | modifica wikitesto]

Anno 1º Turno 2º Turno Seggi +/- Status
Voti % +/- Voti % +/-
1973 4.559.241 19,2 (3.º) 5.564.610 23,7 (2.º)
102 / 491
Opposizione
1978 6.451.151 22,6 (2.º) Aumento3,4 7.212.916 28,3 (1.º) Aumento4,6
104 / 491
Aumento2 Opposizione
1981 9.432.362 37,5 (1.º) Aumento14,9 9.198.332 49,3 (1.º) Aumento21,0
269 / 491
Aumento165 Governo
1986 8.693.939 31,0 (1.º) Diminuzione6,5
206 / 573
Diminuzione63 Opposizione
1988 8.493.702 34,8 (1.º) Aumento3,8 9.198.778 45,3 (1.º)
260 / 577
Aumento54 Governo
1993 4.415.495 17,6 (3.º) Diminuzione17,2 6.143.179 31,0 (1.º) Diminuzione14,3
53 / 577
Diminuzione207 Opposizione
1997 5.977.045 23,5 (1.º) Aumento5,9 9.722.022 38,2 (1.º) Aumento7,2
255 / 577
Aumento202 Governo
2002 6.086.599 24,1 (2.º) Aumento0,6 7.482.169 35,3 (2.º) Diminuzione2,9
140 / 577
Diminuzione115 Opposizione
2007 6.436.520 24,7 (2.º) Aumento0,6 8.624.861 42,3 (2.º) Aumento7,0
186 / 577
Aumento46 Opposizione
2012 7.617.996 29,4 (1.º) Aumento4,7 9.420.426 40,9 (1.º) Diminuzione1,4
280 / 577
Aumento94 Governo
2017 1.685.677 7,4 (5.°) Diminuzione22,0 1.032.842 5,7 (5.°) Diminuzione35,2
30 / 577
Diminuzione250 Opposizione
2022 877.544 3,9 (7.°) Diminuzione3,5 1.084.909 5,2 (6.°) Diminuzione0,5
28 / 577
Diminuzione2 Opposizione

Elezioni europee[modifica | modifica wikitesto]

Anno Voti % +/- Seggi +/-
1979 4.763.026 23,5 (2.º)
22 / 81
1984 4.188.875 20,8 (2.º) Diminuzione2,7
20 / 81
Diminuzione2
1989 4.286.354 23,6 (2.º) Aumento2,8
22 / 81
Aumento2
1994 2.824.173 14,5 (2.º) Diminuzione9,1
15 / 87
Diminuzione7
1999 3.873.901 22,0 (1.º) Aumento7,5
22 / 87
Aumento7
2004 4.960.756 28,9 (1.º) Aumento6,9
31 / 74
Aumento9
2009 2.838.160 16,5 (2.º) Diminuzione12,4
14 / 72
14 / 74
Diminuzione17

Stabile

2014 2.650.357 14,0 (3.º) Diminuzione2,5
12 / 74
Diminuzione2
2019 1.403.170 6,2 (6.º) Diminuzione7,8
2 / 74
Diminuzione10

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) France, su Parties and Elections in Europe. URL consultato il 26 aprile 2022.
  2. ^ (EN) Wolfgang Merkel, Alexander Petring, Christian Henkes e Christoph Egle, Social Democracy in Power: the capacity to reform, London, Taylor & Francis, 2008, ISBN 0-415-43820-9.
  3. ^ (EN) Ari-Veikko Anttiroiko e Matti Mälkiä (a cura di), Encyclopedia of Digital Government, Hershey-London-Melbourne-Singapore, Idea Group Reference, 2007, pp. 397-398, ISBN 1-59140-789-3.
  4. ^ (EN) Dimitri Almeida, The Impact of European Integration on Political Parties: Beyond the Permissive Consensus, London-New York, Routledge, 2012, ISBN 978-0-415-69374-5.
  5. ^ (EN) Richard Oliver Collin e Pamela L. Martin, An Introduction to World Politics: Conflict and Consensus on a Small Planet, Rowman & Littlefield, 2012, p. 318, ISBN 1442218037.
  6. ^ (EN) Hanspeter Kriesi, Edgar Grande, Martin Dolezal, Marc Helbling, Dominic Höglinger, Swen Hutter e Bruno Wüest, Political Conflict in Western Europe, Cambridge University Press, 2012, p. 52, ISBN 1107024382.
  7. ^ (FR) Romain Mielcarek (intervista di Jean-Marie Bockel), "François Hollande a toujours été libéral, mais il manque de courage pour l'assumer publiquement", su Atlantico, 17 febbraio 2012. URL consultato il 7 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2013).
  8. ^ (FR) Emilie Lévêque, François Hollande a-t-il viré social-libéral?, su L'Expansion, 14 novembre 2012. URL consultato il 7 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2013).
  9. ^ Francia: Hollande promulga la legge sul matrimonio gay, in Avvenire, 17 maggio 2013. URL consultato il 26 aprile 2022.
  10. ^ Pierre Bigo, Il progressismo in Francia - Aspetti dottrinali, in Aggiornamenti sociali, n. 6, giugno 1955. URL consultato il 23 agosto 2013 (archiviato dall'url originale il 21 ottobre 2013).
  11. ^ (FR) La très instructive publication des comptes 2017 des partis politiques par la CNCCFP, su upr.fr, 25 gennaio 2019. URL consultato il 26 aprile 2022 (archiviato il 25 gennaio 2019).
  12. ^ (FR) Frédéric Heurtebize, Washington face à l'Union de la gauche en France, 1971-1981, in Revue française d'études américaines, n. 124, 2010.
  13. ^ Matteo Monaco, Si fa presto a dire leader, in Mondoperaio, agosto-settembre 2016, p. 63.
    «Un leader che ha in gran parte svuotato il partito è stato Mitterrand. La sua capacità di rivolgersi ad un pubblico molto più largo rispetto a quello socialista ha costituito la sua forza e la base del successo durato per due lunghi mandati: ma dopo la sua scomparsa, il Partito socialista francese ha avuto non poche difficoltà a continuare il suo cammino.»
  14. ^ (FR) Retrouvez le point presse de Jean-Christophe Cambadélis, nouveau Premier secrétaire du Parti socialiste, su parti-socialiste.fr, 15 aprile 2014. URL consultato l'11 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 9 settembre 2014).
  15. ^ Francia, fuga dal Ps. L'ex premier Valls: "Partito morto". Macron: "Ora rifondiamo l'Europa", in la Repubblica, 9 maggio 2017. URL consultato il 26 aprile 2022.
  16. ^ (FR) Olivier Faure officiellement investi à la tête du Parti socialiste, su Le Monde.fr. URL consultato il 7 aprile 2018.
  17. ^ (FR) La direction du Mouvement des Jeunes socialistes rejoint Benoît Hamon, su Le Monde.fr. URL consultato il 7 aprile 2018.
  18. ^ (FR) Au Mouvement des jeunes socialistes, la guerre est déclarée, in leparisien.fr. URL consultato il 3 maggio 2018.
  19. ^ (FR) PS : le déménagement du siège à Ivry a du mal à passer, BFMTV. URL consultato il 28 settembre 2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (FR) Vincent Tiberj, Des votes et des voix: De Mitterrand à Hollande, in collana Questions de société, 1ª ed., Champ social, 2013.
  • (FR) Jean-Jacques Becker e Gilles Candar (a cura di), Histoire des gauches en France, collana Poche / Sciences humaines et sociales, Paris, La Découverte, 2005.
  • (FR) Alain Bergounioux e G. Grunberg, Le Long Remords du pouvoir. Le parti socialiste français (1905-1992), collana L'espace du politique, Paris, Fayard, 1992, ISBN 9782213020778.
  • (FR) Maurice Duverger, Le système politique français. Droit constitutionnel et systèmes politiques, 18ª ed., Paris, Presses universitaires de France, 1985.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN141686714 · ISNI (EN0000 0001 2171 7316 · LCCN (ENn80126099 · GND (DE64634-9 · BNE (ESXX114510 (data) · BNF (FRcb11866845j (data) · J9U (ENHE987007409205505171 · WorldCat Identities (ENlccn-n80126099