Partito Nazionale Fascista

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Disambiguazione – "PNF" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi PNF (disambigua).
Partito Nazionale Fascista
LeaderBenito Mussolini
SegretarioMichele Bianchi
Francesco Giunta
Roberto Forges Davanzati
Cesare Rossi
Giovanni Marinelli
Alessandro Melchiori
Roberto Farinacci
Augusto Turati
Giovanni Giuriati
Achille Starace
Ettore Muti
Adelchi Serena
Aldo Vidussoni
Carlo Scorza
StatoBandiera dell'Italia Italia
SedeVia della Lungara 230, Palazzo della Farnesina, Roma
AbbreviazionePNF
Fondazione9 novembre 1921
Derivato da
Dissoluzione2 agosto 1943
Confluito inPartito Fascista Repubblicano
IdeologiaFascismo[1][2]
Nazionalismo italiano[3]
Nazionalismo rivoluzionario[4][5]
Militarismo[2]
Conservatorismo nazionale[6][7][8]
Corporativismo[9][10]
[11][12][13]
Imperialismo[2]
Populismo[14][15]
Terza posizione[16][17][18]
Socialismo nazionale[19]
Monarchismo[20] (dal 1922)
Autarchia[21] (dal 1936)[22]
Antisemitismo[23] (dal 1938)
CollocazioneEstrema destra[24]
CoalizioneBlocchi Nazionali (1921)
Lista Nazionale (1924)
Affiliazione internazionaleComitati d'Azione per l'Universalità di Roma
(1933–1939)
Seggi massimi Camera dei deputati
400 / 400
(1929)
TestataIl Popolo d'Italia
(1921–1943)
Organizzazione giovanileAvanguardia giovanile fascista (1921–1926)
Opera nazionale balilla (1926–1937)
Gioventù italiana del littorio (1937–1943)
Iscritti6 000 000 (1939)
Colori     Nero
Slogan«Credere, obbedire, combattere»
Bandiera del partito

Il Partito Nazionale Fascista (PNF) è stato un partito politico italiano, espressione del movimento fascista. Nato nel novembre 1921 dalla trasformazione in partito del movimento Fasci italiani di combattimento, guidò la cosiddetta marcia su Roma che nell'autunno del 1922 portò Benito Mussolini a divenire presidente del Consiglio dei ministri. Nel 1923 si fuse con l'Associazione Nazionalista Italiana e tra la metà e la fine degli anni 1920 diventò, prima de facto e poi de iure, il partito unico del Regno d'Italia fino alla caduta del regime fascista, avvenuta il 25 luglio del 1943.

L'organo ufficioso del partito era Il Popolo d'Italia, quotidiano fondato da Mussolini nel 1914.[25] L'inno era Giovinezza, nella versione di Salvator Gotta del 1925, qualificato come Inno trionfale del Partito Nazionale Fascista. La legge 20 giugno 1952, n. 645 (detta «legge Scelba»), in attuazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana, ne vieta la ricostituzione.[26]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Fondazione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Fasci italiani di combattimento.

Per iniziativa di Benito Mussolini, il 23 marzo 1919 nacque un movimento chiamato Fasci italiani di combattimento, fondato in piazza San Sepolcro a Milano.

Il Partito Nazionale Fascista fu fondato a Roma il 9 novembre 1921, quando nel corso del terzo congresso dei Fasci (7-10 novembre) fu deciso lo scioglimento del movimento, che contava già 312 000 iscritti.[27] Come primo segretario venne eletto Michele Bianchi. Come movimento giovanile si dotò nei giorni successivi dell'Avanguardia Giovanile Fascista.

Rispetto ai Fasci, il partito abbandonò, via via che si consolidava al potere, gli ideali repubblicani e tendenti al socialismo o ad esso vicini, per virare decisamente verso la destra dello scacchiere politico italiano.

Conquista del potere[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Marcia su Roma.

Il 24 ottobre 1922 a Napoli si tenne il Consiglio nazionale del Partito Nazionale Fascista, che si trasformò in una grande adunata di diverse migliaia di camicie nere. Quel giorno Mussolini annunciò la nomina dei quadrumviri che avrebbero condotto una marcia verso la capitale. Tra il 27 e il 28 diverse colonne, con circa 25.000 fascisti si diressero su Roma, rivendicando dal sovrano la guida politica del Regno d'Italia.

Dopo la marcia su Roma del 28 ottobre 1922, Mussolini, che era stato eletto deputato l'anno precedente insieme ad altri esponenti fascisti, fu incaricato dal re Vittorio Emanuele III di formare un nuovo governo sostenuto da una maggioranza composta anche dal Partito Popolare Italiano e da altri gruppi di estrazione liberale e demo-sociale. Il governo Mussolini ottenne la fiducia alla Camera dei deputati il 17 novembre 1922.

Il 15 dicembre 1922 fu costituito il Gran Consiglio del Fascismo, organo supremo del Partito Nazionale Fascista, che tenne la sua prima seduta il 12 gennaio 1923.

Con regio decreto-legge del 14 gennaio 1923, n. 31,[28] entrato in vigore il 1º febbraio 1923, si accorparono le Squadre d'azione del Partito Nazionale Fascista (Camicie nere) e i Sempre Pronti per la Patria e per il Re dell'Associazione Nazionalista Italiana (Camicie azzurre) nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.

Il 26 febbraio 1923 venne firmato il concordato per la fusione tra il partito e l'Associazione Nazionalista Italiana (approvato dal comitato centrale dell'ANI il 4 marzo), ratificato dal Gran Consiglio del Fascismo il 12.[29]

Regime[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del fascismo italiano.

Alle elezioni politiche dell'aprile 1924 il partito si presentò con la Lista Nazionale, in cui erano inseriti, oltre che fascisti e nazionalisti, anche diversi esponenti della destra liberale. Ci furono violenze squadriste e fu impiegata in alcune regioni una "lista civetta", la Lista Nazionale bis, volta a drenare ulteriori voti. Il "Listone" ottenne una netta maggioranza con il 65,2% dei voti e 376 deputati (di cui 275 fascisti). Il governo, con il rimpasto del 1º luglio 1924, fu composto solo da esponenti di questa lista.

Tali risultati furono però duramente contestati dalle opposizioni, che denunciarono numerose irregolarità. In tale quadro, il deputato Giacomo Matteotti, dopo aver denunciato brogli in parlamento, venne ucciso da estremisti fascisti. La vicenda ebbe seguito il 3 gennaio 1925, quando Mussolini, con un discorso alla Camera dei deputati, dichiarò provocatoriamente di assumersi la responsabilità storica di quanto accaduto, promettendo di chiarire la situazione nei giorni immediatamente seguenti. In sede giudiziaria, sia all'epoca dei fatti, sia nel secondo dopoguerra, non fu mai provato alcun coinvolgimento diretto del Duce o di altri gerarchi nell'organizzazione del delitto: tesi sostenuta anche da alcuni storici e dal giornalista Indro Montanelli,[30] per i quali le responsabilità di Mussolini non furono dirette, ma solo di natura morale. La crisi seguita all'omicidio di Matteotti, che era parsa far vacillare la presa di Mussolini e del fascismo, fu invece abilmente sfruttata dal duce per avviare la dittatura vera e propria.

La casa del Fascio di Predappio, paese natale di Mussolini

Le sedi locali del partito erano denominate case del Fascio. Dopo l'emanazione nel 1926 delle cosiddette leggi fascistissime il Partito Nazionale Fascista fu l'unico partito ammesso in Italia fino al 25 luglio 1943, e dotandosi di un proprio statuto. Il Gran Consiglio del Fascismo[31] divenne organo costituzionale del Regno: "organo supremo, che coordina e integra tutte le attività del regime sorto dalla rivoluzione dell'ottobre 1922". Il Gran Consiglio deliberava sulla lista dei deputati da sottoporre al corpo elettorale (poi sostituiti dai consiglieri nazionali della Camera dei Fasci e delle Corporazioni); sugli statuti, gli ordinamenti e le direttive politiche del Partito Nazionale Fascista; sulla nomina e la revoca del Segretario, dei Vicesegretari, del Segretario amministrativo e dei membri del Direttorio nazionale del Partito Nazionale Fascista. Le iscrizioni al Partito aumentarono a dismisura quando, il 29 marzo 1928, si decise che gli iscritti al partito avrebbero avuto la precedenza nelle liste di collocamento (più antica era l'affiliazione, più si "scalavano" le graduatorie).[32]

Quasi due anni esatti dopo, il 28 marzo 1930, si decretò che per poter svolgere gli incarichi scolastici di alto livello (presidi e rettori) bisognava essere tesserati almeno da cinque anni. Il 3 marzo del 1931 le iscrizioni furono sospese per circa un anno; questo dato fa intuire che molte furono le adesioni al Partito Fascista dettate esclusivamente da interesse:[33][34] contro di esse si mosse il segretario Giovanni Giuriati, attivista anti-corruzione che, forse proprio per questa spinta "moralizzatrice", venne destituito dal Duce dopo pochi mesi[35]. Un ruolo educativo fu proprio dall'Istituto Fascista di Cultura, attualmente Università Popolare degli studi di Milano, che fu convertita da Università Popolare di Milano a Scuola Fascista, che durante tutto il periodo diede formazione e cultura fascista.

Nel 1930 furono creati i Fasci giovanili di combattimento. Gli anni Trenta furono caratterizzati dalla segreteria di Achille Starace, "fedelissimo" di Mussolini e uno dei pochi gerarchi fascisti provenienti dal sud Italia, che lanciò una campagna di fascistizzazione del paese fatta di cerimonie oceaniche e creazione di organizzazioni volte a inquadrare il paese e il cittadino in ogni sua manifestazione (sia pubblica sia privata). Al fine di irregimentare anche i movimenti giovanili Starace portò sotto il controllo diretto del partito sia l'Opera nazionale Balilla (ONB) sia i Fasci Giovanili, che furono sciolti e fatti confluire nella nuova Gioventù Italiana del Littorio (GIL).

Una riunione del Gran consiglio del fascismo nel 1936

Dopo il decreto del Capo del Governo del 17 dicembre 1932, l'iscrizione al partito è dichiarata requisito fondamentale per il concorso a pubblici uffici:[36] il 9 marzo 1937 diventa obbligatoria se si vuole accedere a un qualunque incarico pubblico e dal 3 giugno 1938 (Regio decreto n. 827) non si può essere assunti nel personale salariato statale né si possono avere promozioni all'interno di questo personale se non si ha la tanto conclamata tessera: è chiaro quindi che gli iscritti si contino a milioni ma che tra questi i "tiepidi" e i "freddi" verso il regime siano moltissimi[37]. Nel 1939 Ettore Muti avvicenda Starace alla guida del partito e tale fatto testimonia l'aumento dell'influenza di Galeazzo Ciano[38].

A partire dal 1937 il segretario nazionale del partito assurse a rango di ministro di Stato[39]. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale Mussolini tenta di militarizzare il partito ordinando il giorno di Capodanno del 1941 la mobilitazione generale di tutti i quadri del partito. Nel periodo in cui le operazioni belliche volgono verso il peggio, in molti perdono la fiducia verso il regime fascista: anche nell'organo politico principale monta una critica, seppur latente e oscura[40], a cui il Duce tenta di dare una spallata nominando il ventisettenne Aldo Vidussoni segretario del partito (26 dicembre 1941). La mossa, dettata dal fatto che i giovani sono rimasti i più accesi sostenitori del governo, si rivela senza successo per la scarsa esperienza e le feroci critiche che gli sono riservate[41] e il 19 aprile 1943 il giovane friulano viene sostituito da Carlo Scorza.

Scioglimento[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Caduta del fascismo e Partito Fascista Repubblicano.

Il 25 luglio 1943, in seguito alla votazione dell'ordine del giorno Grandi (24-25 luglio), Mussolini venne arrestato dai Reali Carabinieri, decretando di fatto la fine del regime fascista. Lo scioglimento del partito da parte del nuovo governo di Pietro Badoglio avvenne "di fatto" il 27 luglio 1943 e poi reso definitivo con decreto-legge del 2 agosto 1943.[42]

Liberato dai tedeschi il 10 settembre, Mussolini costituì il 13 settembre il nuovo Partito Fascista Repubblicano (PFR) e costituì la Repubblica Sociale Italiana (RSI), nella parte d'Italia occupata dai tedeschi. Segretario del PFR fu nominato il 15 settembre Alessandro Pavolini. A Milano era già stato ricostituito il 13 settembre da Aldo Resega, che ne fu anche il primo commissario federale.

Il PFR cessò la sua esistenza con la morte di Mussolini e con la fine della RSI, il 28 aprile del 1945.

Congressi Nazionali[modifica | modifica wikitesto]

La numerazione dei congressi del PNF proseguì quella dei FIC. Tuttavia il congresso del 1925 viene considerato il quinto dai documenti ufficiali del PNF,[47] ma non dagli storici né dallo stesso Mussolini.[46] La confusione nasce dal considerare come congresso il convegno fascista all'hotel Vesuvio di Napoli del 24-25 ottobre 1922,[48] che ufficialmente era un Consiglio Nazionale.[49][50]

Nel 1926, con una modifica allo Statuto del PNF, i congressi nazionali furono aboliti.

Organizzazione[modifica | modifica wikitesto]

Organi centrali[modifica | modifica wikitesto]

Organi periferici[modifica | modifica wikitesto]

  • Segretari federali (nelle province, elettivi fino al 1926 e nominati da quella data)
  • Ispettori federali
  • Segretari politici del Fascio di combattimento (a livello comunale)

Sedi all'estero[modifica | modifica wikitesto]

Il Partito Nazionale Fascista aprì anche sedi all'estero, sia per coinvolgere gli Italiani emigrati sia per motivi di politica e di propaganda. La prima sede ad essere aperta fu quella di Londra, nel 1921; nel 1937, però, a seguito della proclamazione dell'Impero, fu inaugurata la nuova e più prestigiosa sede londinese nel palazzo che oggi ospita una biblioteca pubblica (Charing Cross Library) ed è sito al n. 4 di Charing Cross Road, vicino a Trafalgar Square.

Alla iniziale sede di Londra, fecero seguito oltre 700 ulteriori sedi in numerosi Paesi.

Segretari[modifica | modifica wikitesto]

Organizzazioni[modifica | modifica wikitesto]

Le organizzazioni del partito erano l'Opera Nazionale Dopolavoro per i lavoratori e una serie di organizzazioni che si occupavano della gioventù e ne organizzavano il tempo libero, mirate ad avvicinare all'ideologia fascista ragazzi e ragazze, con la Gioventù Italiana del Littorio, che nel 1937 sostituì l'Opera Nazionale Balilla e i Fasci giovanili di combattimento. I Gruppi Universitari Fascisti, invece formavano al fascismo gli universitari. La Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, inizialmente pensata come milizia del partito, divenne un corpo di polizia civile a ordinamento militare del Regime.

Movimento giovanile[modifica | modifica wikitesto]

Segretari[modifica | modifica wikitesto]

Dal 1937 il segretario nazionale pro-tempore del partito diviene comandante generale della GIL.

Istituzioni culturali[modifica | modifica wikitesto]

Istituto di Cultura Fascista[modifica | modifica wikitesto]

L'Istituto Nazionale di Cultura Fascista (INCF) fu fondato nel 1925; fu alle dirette dipendenze del Segretario del Partito e fu sottoposto all'alta vigilanza di Mussolini. L'INCF fu eretto ente morale il 6 agosto 1926, con sede a Roma, e aveva lo scopo di promuovere e coordinare gli studi sul fascismo, di tutelare e diffondere, in Italia e all'estero, gli ideali, la dottrina del fascismo e la cultura italica attraverso corsi e lezioni, pubblicazioni, libri, e di promuovere la propaganda in tal senso.

Fu retto da un Consiglio d'Amministrazione così composto:

  • Presidente, nominato da Mussolini su proposta del segretario del PNF;
  • 4 vice presidenti, nominati da Mussolini su proposta del segretario del PNF;
  • 14 consiglieri, nominati dal segretario del P.N.F. su proposta del presidente dell'istituto stesso.

Accademia d'Italia[modifica | modifica wikitesto]

Sempre nel 1926 fu fondata la Reale Accademia d'Italia con il compito di "promuovere e coordinare il movimento intellettuale italiano nel campo delle scienze, delle lettere e delle arti".

Littoriali[modifica | modifica wikitesto]

I Littoriali erano manifestazioni culturali, artistiche, sportive e del lavoro svoltesi in Italia tra il 1932 e il 1940. Erano organizzati dalla Segreteria nazionale del Partito Nazionale Fascista, di concerto con la Scuola di Mistica Fascista.

Scuola di mistica fascista[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1930 fu fondata a Milano la Scuola di mistica fascista Sandro Italico Mussolini, da Niccolò Giani, con il sostegno di Arnaldo Mussolini. Si poneva l'obiettivo di forgiare la futura classe dirigente del PNF e realizzare un completamento educativo per gli studenti iscritti ai Gruppi Universitari Fascisti.

Risultati elettorali[modifica | modifica wikitesto]

Facciata di Palazzo Braschi, sede della federazione fascista di Roma, per le elezioni del 1934

Elezioni del 1924[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Elezioni politiche in Italia del 1924.

Nelle elezioni del 1924 si formò la Lista Nazionale inserendo anche esponenti del Partito Liberale Italiano e della destra moderata. Inoltre fu presentata una "lista civetta", Partito Nazionale Fascista bis che raccolse 347.552 voti (4,9 %) e 19 seggi alla Camera dei deputati.

Elezioni del 1929[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Elezioni politiche in Italia del 1929.

Nelle elezioni politiche del 24 marzo 1929. La votazione si svolse in forma plebiscitaria. Gli elettori potevano votare SÌ o NO per approvare la lista dei deputati designati dal Gran Consiglio del Fascismo. I ottennero il 98,3%; i No l'1,56%.

Elezioni del 1934[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Elezioni politiche in Italia del 1934.

Anche per la XXIX legislatura la votazione si svolse in forma plebiscitaria. Gli elettori potevano votare o No per approvare la lista dei deputati designati dal Gran Consiglio del Fascismo. I furono il 99,84%; i No lo 0,15%.

Camera dei fasci e delle corporazioni[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Camera dei fasci e delle corporazioni.

Nel gennaio 1939 la Camera fu soppressa e l'organo legislativo divenne la Camera dei fasci e delle corporazioni, dove i membri (consiglieri nazionali) non erano eletti, ma nominati o membri di diritto in numero non prefissato. Fu sciolta il 2 agosto 1943.[52]

Scioglimento[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la caduta del governo Mussolini il 25 luglio 1943, il nuovo governo Badoglio deliberò lo scioglimento del PNF e delle organizzazioni collaterali, entrato in vigore il 6 agosto.[42]

Dopo l'8 settembre 1943 nell'Italia occupata dalla Germania nacque il Partito Fascista Repubblicano, annunciato con il discorso di Mussolini a Radio Monaco del 18 settembre. Il partito si costituì al Congresso di Verona del 14 novembre 1943 dove venne approvato il cosiddetto Manifesto di Verona.

Costituzione della Repubblica italiana[modifica | modifica wikitesto]

La Costituzione della Repubblica Italiana, alla XII disposizione transitoria e finale, stabilisce:

«È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
In deroga all'articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall'entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.»

Nell'immediato dopoguerra, dopo l'amnistia emanata dal ministro della giustizia Palmiro Togliatti, il 26 dicembre 1946 venne fondato il Movimento Sociale Italiano (MSI) in cui confluirono numerose personalità e reduci della ex Repubblica Sociale Italiana ed ex esponenti del regime fascista.[53]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Mussolini e Gentile.
  2. ^ a b c Payne.
  3. ^ (EN) Roger Griffin, Nationalism, in Cyprian Blamires (a cura di), World Fascism: A Historical Encyclopedia, vol. 2, Santa Barbara, California, ABC-CLIO, 2006, pp. 451–453.
  4. ^ (EN) Roger Griffin, «How fascist was Mussolini?», New Perspective, vol. 6, no. 1, September 2000, pp. 31–35.
  5. ^ (EN) Aristotle A. Kallis, «Perversions of Nationalism», in Guntram H. Herb, David H. Kaplan (a cura di), Nations and Nationalism: A Global Historical Overview, Santa Barbara, Califoria, ABC-CLIO, 2008, p. 515.
  6. ^ Payne, p. 106.
  7. ^ Roger Griffin, "Nationalism" in Cyprian Blamires, ed., World Fascism: A Historical Encyclopedia, vol. 2 (Santa Barbara, California: ABC-CLIO, 2006), pp. 451–53.
  8. ^ Riley, Dylan, The Civic Foundations of Fascism in Europe: Italy, Spain, and Romania, 1870–1945, Johns Hopkins University Press, 2010, p. 42, ISBN 978-0-8018-9427-5.
  9. ^ (EN) Robert Millward. Private and Public Enterprise in Europe: Energy, Telecommunications and Transport, 1830–1990. Cambridge, Inghilterra: Cambridge University Press, 2005, p. 178.
  10. ^ (EN) Cyprian Blamires, World Fascism: A Historical Encyclopedia, Volume 1, Santa Barbara, California: ABC-CLIO, 2006, p. 535.
  11. ^ Mark Antliff. Avant-Garde Fascism: The Mobilization of Myth, Art, and Culture in France, 1909–1939. Duke University Press, 2007. p. 171.
  12. ^ Walter Laqueur, Fascism: A Reader's Guide : Analyses, Interpretations, Bibliography, U of California Press, 1978, p. 341, ISBN 978-0-520-03642-0.
  13. ^ Maria Sop Quine. Population Politics in Twentieth Century Europe: Fascist Dictatorships and Liberal Democracies. Routledge, 1995. pp. 46–47.
  14. ^ Nicolas Lewkowicz, The United States, the Soviet Union and the Geopolitical Implications of the Origins of the Cold War, Anthem Press, 2018, p. 42.
  15. ^ Roger Griffin, Fascism Past and Present, West and East, Columbia University Press, 2006, p. 47.
  16. ^ (EN) Denis Mack Smith, Modern Italy: A Political History, University of Michigan Press, 1979, pp. 284, 297.
  17. ^ (EN) Denis Mack Smith, Mussolini, New York: Vintage Books, 1983, p. 38.
  18. ^ Payne, p. 99.
  19. ^ Arrigo Petacco, Il comunista in camicia nera: Nicola Bombacci tra Lenin e Mussolini, Milano, Mondadori, 1997.
  20. ^ Indro Montanelli, Mario Cervi, L'Italia in Camicia nera, Rizzoli, 1976, p. 113.
  21. ^ (EN) Alexander J. De Grand, Italian Fascism: Its Origins and Development, ed. 3, Lincoln, Nebraska: University of Nebraska Press, 2000, pp. 31–33.
  22. ^ Il regime fascista intraprese la via autarchica come reazione alle sanzioni economiche all'Italia. In precedenza, il fascismo aveva sostenuto il liberismo (dal 1922 al 1927, con il ministro fascista di idee liberiste Alberto de' Stefani) e in seguito un maggior protezionismo
  23. ^ Gianni Oliva, L'ombra nera. Le stragi nazifasciste che non ricordiamo più, Mondadori, Collana: Le scie, 2007.
  24. ^ Francesco Raniolo, I partiti politici, Roma, Editori Laterza, 2013, pp. 116–117.
  25. ^ Popolo d’Italia, Il, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  26. ^ LEGGE 20 giugno 1952, n. 645 - Normattiva, su www.normattiva.it. URL consultato il 12 agosto 2022.
  27. ^ Guardia di Finanza Archiviato il 30 dicembre 2011 in Internet Archive..
  28. ^ Regio decreto 14 gennaio 1923, n. 31, in Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 20 gennaio 1923. URL consultato il 4 giugno 2022.
  29. ^ Mirko Riazzoli, Tre fascisti - Tre fascismi
  30. ^ Indro Montanelli e Paolo Granzotto, Sommario di storia d'Italia: dall'unità ai giorni nostri, Rizzoli, 1986
  31. ^ legge n. 2693 del 9 dicembre 1928
  32. ^ Francesco Luigi Ferrari, "Il Regime Fascista Italiano", Roma 1983, Edizioni di Storia e Letteratura
  33. ^ Gambino, p. 99.
  34. ^ Una città fascista solo per interesse (ma tiepida e divisa) Archiviato il 26 marzo 2014 in Internet Archive., Corriere delle Alpi, 16 dicembre 2011
  35. ^ Marco Palla, Mussolini e il fascismo, Giunti, Firenze, 1993, pagg. 64-65
  36. ^ XXVIII Legislatura / Cronologia / Camera dei deputati - Portale storico, su storia.camera.it. URL consultato il 5 maggio 2022.
  37. ^ Ottavio D'Agostino e Franco Giannantoni, Sono un fascista, fucilatemi!, Arterigere, Varese, 2004, pag. 149
  38. ^ Voce su Ettore Muti sul Dizionario biografico degli italiani
  39. ^ Luigi Ganapini, La repubblica delle camicie nere, Garzanti, Milano 2002, pag 159: "il quale già dal 1937 godeva del rango di ministro di Stato"
  40. ^ Giuseppe Bottai, Diario 1934-1944, Rizzoli, Milano, 1989, pag. 330 (nota del 21 ottobre 1942)
  41. ^ Denis Mack Smith, Mussolini, Milano, Rizzoli, 1990, pag. 454
  42. ^ a b Regio decreto-legge 2 agosto 1943, n. 704, in Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 5 agosto 1943. URL consultato il 16 agosto 2022.
  43. ^ Antonio Canepa, L'organizzazione del P.N.F., Palermo, Ciuni, 1939, p. 58.
  44. ^ Ricciotti Lazzero, Il Partito nazionale fascista, Milano, Rizzoli, 1985, p. 13.
  45. ^ Emilio Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Roma-Bari, Laterza, 2002, p. 10.
  46. ^ a b De Felice, p. 127.
  47. ^ Partito Nazionale Fascista, Atti del V Congresso Nazionale. Roma, 21-22 giugno 1925, Roma, a cura dell'Ufficio Propaganda del P.N.F., 1925.
  48. ^ La Stampa - Consultazione Archivio, su archiviolastampa.it. URL consultato il 13 febbraio 2018.
  49. ^ De Felice, pp. 345-347.
  50. ^ Le notizie del 25 ottobre 1922, su cinquantamila.corriere.it. URL consultato il 13 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 13 febbraio 2018).
  51. ^ Alceo Riosa, Michele Bianchi, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  52. ^ Regio decreto-legge 2 agosto 1943, n. 705, in Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 5 agosto 1943. URL consultato il 16 agosto 2022.
  53. ^ Movimento Sociale Italiano, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN136102750 · ISNI (EN0000 0001 2164 5316 · LCCN (ENn50081237 · BNF (FRcb133185238 (data) · J9U (ENHE987007526216005171 · WorldCat Identities (ENlccn-n50081237