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Buddlejeae

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Buddlejeae
Buddleja davidii
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Eudicotiledoni
(clade)Eudicotiledoni centrali
(clade)Superasteridi
(clade)Asteridi
(clade)Euasteridi
(clade)Euasteridi I
OrdineLamiales
FamigliaScrophulariaceae
TribùBuddlejeae
Bartl., 1830
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
SottoregnoTracheobionta
SuperdivisioneSpermatophyta
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
SottoclasseAsteridae
OrdineScrophulariales
FamigliaBuddlejaceae
Generi

Buddlejeae Bartl., 1830 è una tribù di piante angiosperme appartenenti alla famiglia delle Scrofulariacee.[1][2]

Il nome della tribù deriva dal suo genere tipo Buddleja L., 1753 il cui nome è stato dato in onore del pastore inglese Adam Buddle (1662 – 1715), medico e botanico per passione nonché rettore nell'Essex. Il primo ad usare tale nome fu il dottor William Houston (1695 – 1733), medico e botanico scozzese, ma si è consolidato dopo che il naturalista svedese Linneo (1707 – 1778) lo usò (anche se storpiato) nei suoi cataloghi.[3][4]

Il nome scientifico della tribù è stato definito dal botanico tedesco Friedrich Gottlieb Bartling (1798-1875) nella pubblicazione "Ordines Naturales Plantarum eorumque characteres et affinitates adjecta generum enum -172" del 1830.[5][6]

Il portamento delle specie di questa tribù è arbustivo o arboreo, raramente sono presente liane o erbe fruttescenti (Gomphostigma). Sono presenti piante ermafrodite o dioiche (alcune specie del genere Buddleja). Spesso l'indumento di alcune specie è grigiastro-tomentoso.[7][8][9][10][11]

Le foglie
Nicodemia diversifolia

Le foglie sono cauline ed hanno una disposizione opposta, raramente alternata o verticillata. Sono da sessili a picciolate e con lamine semplici e venature pennate. I margini sono interi, seghettati, crenati o dentati. L'indumento può essere formato da peli multicellulari stellati o ghiandolari. Le stipole sono assenti. Sono inoltre riunite da una linea stipulare trasversale.

Infiorescenze

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Infiorescenza
Buddleja glomerata (Chilianthus lobulatus)

Le infiorescenze sono cimose o di vario tipo (generalmente sono tirsoidi o racemose); le forme sono globose, pannocchie o capolini. In Gomphostigma i fiori sono singoli.

I fiori
Gomphostigma virgatum

I fiori sono normalmente ermafroditi, più o meno actinomorfi (ad eccezione dei lobi ineguali del calice), sono tetraciclici (ossia formati da 4 verticilli: calicecorollaandroceogineceo) e tetrameri (i verticilli del perianzio hanno più o meno 4 elementi ognuno).

X K (4), [C (4) A 4 o 2+2 o 2], G (2), supero, capsula.[8]
  • Il calice, gamosepalo, con forme campanulate, simili a un cappuccio o tubulari, termina spesso con quattro lobi ineguali (ma non bilabiati). Inoltre è persistente.
  • La corolla, gamopetala, è formata da un tubo a forma di un imbuto (in Emorya il tubo della corolla è lungo 25 - 35 mm) o di un vassoio o è campanulato e termina con dei lobi (in numero di quattro) embricati o valvati; in altri casi la corolla è simile ad una coppa/tazza. I colori sono bianco, giallo, porpora o rosa.

I frutti sono delle capsule biloculari, raramente delle bacche (Nicodemia). I semi sono da 4 a 100 ed hanno l'endosperma; talvolta sono alati.

Le specie di questo raggruppamento si riproducono per limpollinazione tramite insetti (impollinazione entomogama).[7]

La dispersione dei semi avviene inizialmente a causa del vento (dispersione anemocora); una volta caduti a terra sono dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (mirmecoria).

Distribuzione e habitat

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La distribuzione delle specie di questa tribù è abbastanza cosmopolita con habitat da temperati a subtropicali (o tropicali in regioni montuose dell'America, Africa e Asia).[7]

La famiglia delle Scrofulariacee comprende 59 generi e oltre 1800 specie[12][2]. La famiglia è caratterizzata soprattutto dai fiori zigomorfi (bilabiati), dai sepali e petali connati, dagli stami in numero di 4 (un quinto è staminoide), dai filamenti adnati alla corolla, dalle antere biloculari e dall'ovario formato da 2 carpelli.

La tribù si compone di 2 generi :[1][7][12]

Specie della flora spontanea italiana

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Nella flora spontanea italiana, di questa tribù, è presente solamente una specie:

  • Bddleja davidii L, 1753 - Distribuzione italiana: Nord dell'Italia (la distribuzione è considerata solamente "esotica naturalizzata").[10][13]

La prima descrizione di questo gruppo si è avuta all'interno della ex-famiglia Buddlejaceae (ordine "Contortae").[11] In seguito con la "Classificazione Cronquist" l'ordine è stato cambiato in quello delle Scrophulariales. Infine con il nuovo tipo di Classificazione filogenetica la famiglia è stata ridotta a una tribù all'interno della famiglia Scrophulariaceae (ordine Lamiales). Alcuni autori in passato avevano descritto il genere Buddleja all'interno della famiglia Loganiaceae.[2]

Il clade formato dai generi di questa tribù, da un punto di vista filogenetico, risulta fortemente supportato (è quindi monofiletico)[14][15] All'interno della famiglia la tribù Buddlejeae risulta "gruppo fratello" della tribù Teedieae.[16]

I caratteri plesiomorfici (ereditarietà di tratti provenienti dagli antenati) della tribù sono:[17]

  1. ^ a b Olmstead 2012.
  2. ^ a b c (EN) Scrophulariaceae, su Angiosperm Phylogeny Website. URL consultato il 12/06/2025.
  3. ^ David Gledhill 2008, pag. 80.
  4. ^ Botanical names, su calflora.net. URL consultato il 10 agosto 2017.
  5. ^ Indices Nominum Supragenericorum Plantarum Vascularium, su plantsystematics.org. URL consultato il 10 agosto 2017 (archiviato dall'url originale il 27 agosto 2013).
  6. ^ The International Plant Names Index, su ipni.org. URL consultato il 10 agosto 2017.
  7. ^ a b c d Kadereit 2004, pag. 39.
  8. ^ a b Judd et al 2007, pag. 493-5.
  9. ^ Strasburger 2007, pag. 852.
  10. ^ a b Pignatti 1982, Vol. 2 - pag. 521.
  11. ^ a b Motta 1960, Vol. 1 - pag. 362.
  12. ^ a b (EN) Accepted genera of Scrophulariaceae, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 12/06/2025.
  13. ^ Conti et al. 2005, pag. 64.
  14. ^ Olmstead et al. 2001, pag. 354.
  15. ^ Oxelman et al. 2005, pag. 416.
  16. ^ Tank et al 2006, pag. 293.
  17. ^ Chau et al. 2017, pag. 137.

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